Se si tratta di extra vergine, i consumatori internazionali prediligono la qualità al risparmio
Questo è ciò che emerge dal report Ismea "Italian sounding: quanto vale e come trasformarlo in export made in Italy" con l’obiettivo di approfondire sia la presenza di prodotti agroalimentari tipici della tradizione negli scaffali dei supermercati di tutto il mondo, sia di calcolare il periodo necessario per trasformare il fenomeno in esportazione italiana quantificando la capacità produttiva potenziale dei settori impattati
La continua crescita delle esportazioni negli ultimi anni testimonia, ancora una volta, come i prodotti italiani siano costantemente apprezzati dagli altri Paesi, tanto che dal 2010 a oggi si è registrato un aumento del 118,3%.
Come è possibile approfondire sul Report realizzato da Ismea, sono molti i fattori a minare la competitività delle esportazioni, tra cui il fenomeno dell’Italian sounding, focus della ricerca.
Cosa si intende per Italian sounding? Si tratta dell’utilizzo di immagini, riferimento geografici e combinazioni cromatiche che evocano l’Italia su prodotti agroalimentare che però italiani non sono.
“L’obiettivo della survey è stato – si legge nel Rapporto – da un lato, approfondire la presenza di prodotti agroalimentari tipici della tradizione italiana negli scaffali dei supermercati di tutto il mondo; dall’altro, creare dei coefficienti per quantificare la discrepanza tra prodotti italiani originari dall’Italia e provenienti da paesi esteri, pur essendo tipici della dieta italiana. In particolare, la survey è stata indirizzata a oltre 250 retailer internazionali distribuiti nei dieci Paesi del mondo dove il fenomeno è più marcato, analizzando undici prodotti tipici del made in Italy”
I prodotti oggetto di analisi sono olio extra vergine di oliva, parmigiano e grana, gorgonzola, salame, pasta di grano duro, pizza, aceto, ragù, pesto e altri condimenti e prosecco.
Guardando ai dieci prodotti agroalimentari top-export dell’Italia verso il Messico si nota a una crescita considerevole per l’olio extra vergine di oliva, con un aumento del valore dell’export del +104,6% e del volume del 68,7%.
Il desiderio di vero made in Italy è più alto in alcuni paesi rispetto ad altri.
Alcuni Paesi sono orientati all’acquisto del vero made in Italy in modo più significativo rispetto ad altri: la quota media di consumatori che ricercano il vero prodotto italiano rispetto a coloro che effettuano gli acquisti guardando al prezzo è particolarmente elevata in Cina, pari al 78,5%, in Giappone (72,4%), e in Canada ( 72,1%).
Dall’analisi, emerge che su dieci consumatori, più di sette ricercano l’extra vergine, l’aceto e il gorgonzola italiani, prediligendo così il prodotto di qualità, le sue caratteristiche, rispetto al prezzo inferiore.
Il Report spiega chiaramente che “combinando i risultati, Giappone, Germania e Brasile sono i paesi più vulnerabili al fenomeno dell’Italian sounding, e allo stesso tempo quelli con più potenziale in termini di crescita di quote di mercato. Infatti, sono le aree geografiche in cui da un lato vi è la maggiore presenza di prodotti Italian sounding a scaffale, dall’altro una quota elevata di consumatori che ricercano la vera qualità italiana”.
Dopo aver analizzato ogni aspetto del fenomeno, la ricerca a cura di Ismea si conclude con otto proposte per limitare il fenomeno, con un impegno corale da parte di più realtà.
Si deve lavorare per aumentare la consapevolezza attraverso la comunicazione del marchio made in Italy e lo sviluppo di iniziative di educazione per i consumatori internazionali.
In tale contesto, la Grande distribuzione organizzata, Gdo, ricopre un ruolo chiave in quanto principale vettore di prodotti agroalimentari. Il settore deve così poter diventare il primo veicolo per la valorizzazione delle produzioni tradizionali italiane e, per favorire questo processo, è auspicabile iniziare un percorso di internazionalizzazione delle catene della Gdo italiane.
In apertura, foto di Olio Officina©
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