Anche con gli scarti alimentari si ottiene bioenergia
Il loro utilizzo è oggetto di studi ed esperimenti sempre più numerosi in tutto il mondo. Che senso ha gettarevia, con costi economici e ambientali molto elevati, ciò che non serve? A Milano, coni grassi di scarto di un noto centro produzione pasti è stata avviata una recente iniziativa pubblica di recupero. Il progetto è stato validato dal Politecnico
I grassi di scarto, prodotti durante la preparazione dei pasti del servizio di ristorazione per scuole e strutture per anziani, possono essere utilizzati per dare energia termica ed elettrica.
Un accordo biennale tra le due aziende pubbliche Gruppo Cap e Milano Ristorazione, ha avviato un progetto pilota per produrre la bioenergia proprio utilizzando questi scarti normalmente di costosa eliminazione.
Il progetto biennale fa parte delle politiche di economia circolare, gestore del servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano.
L’obiettivo del progetto pilota è di valorizzare i grassi di scarto del centro produzione pasti di via Sammartini a Milano, da convertire, grazie all’impiego dei biodigestori anaerobici,in energia elettrica e termica, che alimenterà l’impianto di depurazione di Robecco sul Naviglio.
Il centrodi preparazione pasti di via Sammartini conferisce circa10 tonnellate di grassi di scartoin forma liquida, non adatti quindi a diventare compost.
Gli scarti, una volta arrivati al depuratore di Robecco sul Naviglio, diventano biogas attraverso il processo di fermentazione tipico dei biodigestori anaerobici.
Il progetto è stato validato dal Politecnico di Milano che, su incarico di Cap, ha testato in fase preliminare la tipologia di grassi utilizzati certificandone il loro grado di biodegradabilità e quindi l’idoneità a essere trattati nei biodigestori.
Per chiudere il cerchio, semestralmente la water utility provvederà a fornire una Carbon Footprint delle attività e dei processi, stimando l’energia prodotta e la CO2 risparmiata. Questo perché è ormai ritenuto inaccettabile ciò che è stato considerato normale per decenni, e cioè buttare via, con costi economici e ambientali molto elevati, ciò che non serve, come per esempio le bucce e le parti non commestibili dei vegetali.
Per la fase di sperimentazione si prevede di trattare fino a 100 tonnellate di scarti alimentari all’anno. Conclusosi il progetto biennale, l’idea per il futuro è quella di incrementare le quantità, o ancora di integrare ulteriori tipologie di rifiuti provenienti dai diversi centri produzione pasti di Milano Ristorazione.
Una sfida in linea con le strategie di Food Policy definite dal Comune di Milano con l’Expo 2015 per rendere più equo e sostenibile il sistema alimentare della città.
L’economia circolare avviata dal Gruppo Cap conta su 40 depuratori che grazie a sinergie industriali stanno diventando fabbriche verdi, dove il recupero di acqua trattata da impiegare in agricoltura fa rima con energia pulita prodotta dai rifiuti, ma anche con cellulosa, sabbie, fosforo e azoto, sottoprodotti del processo di depurazione convertiti in materie prime da reimpiegare nella produzione.
In apertura, foto di Olio Officina. Un’opera degli artisti di Arte da Mangiare
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