Una maggiore sicurezza alimentare a partire da un biosensore
I prodotti alimentari contaminati devono essere ritirati dal mercato e successivamente smaltiti. Il conseguente spreco di cibo e l’ingente perdita economica hanno contribuito a intensificare la ricerca per realizzare nuove tecnologie per una sensoristica veloce, accurata e che in poco tempo possa essere trasferita ai laboratori di analisi. Dal Cnr-Ismn di Bologna, una nuova architettura di biosensore ottico, la cui vasta applicabilità è stata dimostrata nella rilevazione di composti sia ad alto che a basso peso molecolare di interesse per la sicurezza e la qualità nella catena di produzione del latte
La contaminazione di prodotti alimentari ha un impatto nefasto sulla loro qualità e pone seri rischi per la salute dei consumatori.
La presenza di contaminanti microbiologici e chimici nei prodotti alimentari può essere correlata a molteplici cause quali la contaminazione ambientale, i metodi di produzione agricola e di processo delle materie prime, il conseguente immagazzinamento, confezionamento e trasporto dei prodotti finito, fino a pratiche di adulterazione fraudolenta.
Inoltre, prodotti alimentari contaminati devono essere ritirati dal mercato e smaltiti in quanto non rispondenti ai criteri normativi europei o agli standard di qualità, con conseguente spreco di cibo ed ingente perdita economica.
Di conseguenza in questi ultimi anni si è di molto intensificato lo sforzo per realizzare nuove tecnologie per una sensoristica che sia non solo veloce, accurata, quantitativa e a basso costo ma che possa anche essere facilmente trasferita dai laboratori di analisi agli ambienti di lavoro reali (come le aziende agricole, i siti di depurazione delle acque, gli ambulatori territoriali solo per fare alcuni esempi) per realizzare una rilevazione di tipo point-of-need, Pon.
Ad oggi rimane aperta la sfida per integrare in un singolo sistema miniaturizzato, robusto e user-friendly le molteplici tecnologie necessarie per abilitare una sensoristica selettiva, multiplexing e altamente sensibile.
“L’attività di ricerca sviluppata da Cnr-Ismn di Bologna e recentemente pubblica sulla rivista Advanced Materials riporta l’innovativo approccio di utilizzare dispositivi optoelettronici organici per realizzare una nuova architettura di biosensore ottico proprio in virtù delle peculiari caratteristiche di questi dispositivi come Oled (diodi organici ad emissione di luce) e Opd (fotodiodi organici) di essere integrabili, modulari, planari e con spessore di qualche centinaio di nanometri mostrando performance ottiche ormai comparabili con le tecnologie competitive basate su semiconduttori inorganici”, conferma Stefano Toffanin dirigente di ricerca presso Cnr-Ismn e coordinatore dei progetti europei H2020 Moloko e h-Alo.
“Nel nuovo sensore, il meccanismo di bio-riconoscimento molecolare selettivo, sensibile e multiplexing tipico di superfici nanostrutturate che sfruttano il fenomeno della risonanza plasmonica di superficie, Spr, viene abilitato in un chip di circa 1 pollice quadrato proprio grazie all’optoelettronica organica che ha sostituito le usuali componenti ottiche ingombranti e dispendiose che finora avevano impedito l’utilizzo della tecnologia SPR al di fuori dei laboratori di analisi specializzati”.
“La vasta applicabilità del sensore in ambienti industrialmente rilevanti è stata dimostrata nella rilevazione di composti sia ad alto che a basso peso molecolare di interesse per la sicurezza e la qualità nella catena di produzione del latte: in particolare, la lattoferrina che è una proteina presente nel latte vaccino indicatrice di mastini ed infezioni delle mammelle nelle vacche e la streptomicina, un antibiotico tipicamente utilizzati negli allevamenti di bestiame e che può essere facilmente trasferito alla carne, al latte ed altri prodotti caseari contribuendo così al pericoloso problema di salute pubblica dell’antibiotico resistenza”, aggiunge Margherita Bolognesi, ricercatrice del Cnr-Ismn.
In tempistiche dell’ordine di 15 minuti a misurazione è stato possibile ottenere le curve dose-risposta in soluzioni buffer per tali analiti andando ad identificare un limite di rilevabilità, Lod, comparabile con la strumentazione analitica da banco Spr utilizzata come standard in laboratorio (Biacore 3000).
“In futuro – svela Toffanin – il prototipo del sensore consentirà di effettuare le misurazioni direttamente sul campo e in tutti i punti della filiera del latte senza dover inviare i campioni presso laboratori attrezzati: ad esempio, in sala di mungitura mediante diretta integrazione nell’impianto di mungitura, o presso i diversi siti di interesse della filiera del latte (centri di raccolta latte, caseifici e altre strutture) ed è disegnato per essere utilizzato come strumento portabile da operatori specializzati e non”.
L’attività di ricerca e sviluppo su questo tematica è stata sostenuta dai progetti Europei Ict Moloko (Grant Agreement n. 780839) e h-Alo (Grant Agreement n. 101016706) all’interno del progamma quadro Horizon 2020 dei quali Cnr-Ismn è coordinatore.
In apertura, particolare di un’opera esposta al Museo della follia a Lucca; mostra a cura di Vittorio Sgarbi. Foto di Olio Officina©
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