Terra Nuda

Chiamatela pure disinformazione

I dati sulle sofisticazioni degli oli non sono un fenomeno di rilievo, per cui le affermazioni terroristiche possono solo determinare un senso di sfiducia e spingere i consumatori all’acquisto di altri tipi di olio. Riportiamo le diverse reazioni al servizio del TG1. Volendo scomodare Goethe: “Non c’ è nulla di più pericoloso di una ignoranza attiva”

Olio Officina

Chiamatela pure disinformazione

Se non avete letto ancora l’articolo “TG1, l’informazione contraffatta” , potete farlo cliccando QUI. Intanto, le reazioni non sono mancate. Semmai stupisce che non vi sia stata alcuna una reazione da parte del resto del mondo associazionistico, quasi impauriti dal predomonio esercitato da Coldiretti, ma soprattutto dalle conseguenze che possono derivare da eventuali critiche poco gradite, ma tant’è. L’Italia è questa. La società civile si è invece fatta sentire.

GIUSEPPE CARAMIA: un senso di sfiducia

La trasmissione richiama alla mente l’aforisma di Goethe ”Non c’ è nulla di più pericoloso di una ignoranza attiva”. Infatti, affermare che un particolare odore acre, sgradevole, permette al gruppo di assaggio di riconoscere la presenza di un olio che non è italiano è un’affermazione assolutamente fuori luogo come altrettanto fuori luogo è affermare che “l’olio può diventare italiano anche se le olive sono importate dalla Spagna, dal Marocco …”.

Inoltre l’Italia è la nazione più attenta alle sofisticazioni tanto che fa il maggior numero di controlli in tale ambito e i dati sulle sofisticazioni degli oli (nazionali), non sono un fenomeno di rilievo, per cui affermazioni terroristiche possono solo determinare un senso di sfiducia e spingere i consumatori all’acquisto di altri tipi di olio.

Per quanto riguarda le false accuse del New York Times, i conduttori della trasmissione, giornalista, direttore generale di Unaprol, e Tecnologa alimentare, avrebbero avuto una buona occasione per chiedersi e chiedere alle autorità competenti: gli oli accusati dal NYT sono stati prodotti in Italia? e da chi? e sono stati esportati dall’Italia? e quale percorso fatto fino a New York? All’estero, molti prodotti vengono spacciati per italiani come il parmigiano reggiano, vari marche di prosciutti, vini ecc. ecc. ma, oserei dire, sono tutti prodotti contraffatti all’estero, non da italiani.

A mio modesto avviso, sarebbe stata un’ottima occasione per scoprire eventuali colpevoli nostrani e, molto verosimilmente, una altrettanto ottima opportunità per evidenziare ed evitare delle colpe non nostre.

Carissimi saluti e a presto

Professor Giuseppe Caramia

Primario Emerito di Pediatria e Neonatologia Az. Ospedaliera “G.Salesi” Ancona

Presidente Casa dell’Olivo – Oleatoeca d’Italia

Non ho nulla da aggiungere. L’Italia ha bisogno di ripensare il proprio approccio con la realtà. Troppo terrorismo mediatico sull’olio d aolive nuoce all’intero comparto e soprattutto al prodotto, in particolare se la comunicazione è condita da pressappochismo.

LC

SARA TANZARELLA: il lavoro che c’è dietro a una bottiglia

Gentilissimo Dott. Caricato,

quanta passione nella rabbia delle Sue parole; quanto amore nella dolorosa consapevolezza che il silenzio, la NON conoscenza, la disinformazione urlata sono – a nostro parere – tra i principali limiti del comparto oleario, sia con riferimento alla produzione sia all’utilizzo e salubrità del prodotto.

Proprio di recente avevamo affrontato il concetto di “disinformazione”, di parziale informazione sul mondo dell’olio, nel nostro “neo-nato” blog QUI

Mi consenta, però, una osservazione: se da un lato è doveroso lottare per diffondere la “conoscenza” (o cultura) dell’olio extra vergine d’oliva & co., da un altro verso è opportuno impegnarsi per offrire elementi di conoscenza realmente comprensibili e accessibili a tutti.

Non a caso, le principali critiche rivolte agli operatori del settore, sono di eccesso di “tecnicismo” nel linguaggio e nell’approccio.

Occorre quindi pensare che è POSSIBILE, e doveroso, fornire elementi semplici e immediati di valutazione e scelta, soprattutto alla semplice massaia che si reca in un market e che davanti allo scaffale si ritrova spaesata. Ed occorre fornirgliene altri, per quando arriva a casa e cucinerà con l’olio comprato; ed altri ancora, per quando a tavola lo userà a crudo.

Noi riteniamo sia possibile ridimensionare l’informazione sull’olio extravergine, pregi, difetti, etc…, rendendola comprensibile a tutti, partendo da elementi o strumenti di valutazione (olfatto e gusto, in primis) noti a tutti.

E la gente lo apprezza!

Quotidianamente ci capita di incontrare consumatori, distributori, ristoratori che restano ammaliati, rapiti, sorpresi, affascinati dinanzi a un bicchiere di assaggio e che si lasciano trasportare, con sincero interesse, dinanzi alla scoperta delle diversità – dalla natura alle “percezioni” sensoriali – delle opportunità di scelta che il prodotto offre – dai diversi “standard” di qualità a quelli, altrettanto vari, di soddisfazione del gusto personale – e dinanzi alla scoperta del lavoro che c’è dietro una bottiglia.

Pertanto, se da un lato è doveroso che ci sia, e sia sempre divulgato, il rigore da Lei preteso e imposto con encomiabile sapienza, è altrettanto vero che qualche sforzo in più (soprattutto da parte di produttori e commercianti) vada fatto per AIUTARE realmente il consumatore e, di conseguenza, il comparto.

Poi, ognuno resta libero di approfondire le proprie informazioni e, se ciò dovesse accadere, beh un buon passo in avanti sarà stato fatto a favore del mondo oleario sano; d’altronde, è la curiosità che genera conoscenza e la conoscenza genera consapevolezza.

Sarebbe un gran bel regalo al mercato dell’olio italiano, non crede?

Mi perdoni se mi sono dilungata ma, come avrà inteso… ho l’olio “nel cuore”!

Con sincera stima

Sara Tanzarella

Comunicazione – Pr presso Le Ferre, Castellaneta (Taranto)

Proprio così: eccesso di tecnicismo. E’ questo il grande male che sta attraversando il settore, poco incline a farsi capire da chiunque, troppo rinchiuso in se stesso. Complimenti per il blog. Io ho esordito con un blog nel novembre 2010 proprio per stimolare alla creazione di tanti blog, ma noto che sono pochi, pochissimi quell sull’olio. Quindi, a maggior ragione: complimenti.

LC

MATTIA VACCANI: non si fa altro che parlare di frodi, tutti truffatori?

Buongiorno Caricato,

sono Mattia Vaccani della Cooperativa Olivicoltori Lago di Como, leggo sempre le sue notizie e grazie a Lei riesco a tenermi aggiornato sulle “novità” dell’olio… per questo e non solo…. la ringrazio vivamente per l’ottimo lavoro che stà facendo….

Resto sempre più amareggiato che a livello nazionale e mondiale non si fa altro che parlare di frodi alimentari. Perchè si da’ sempre risalto alle brutte notizie per aumentare gli ascolti e catturare l’attenzione delle persone? Certo… su mille aziende una si potrà comportare male, cercherà la strada più breve, semplice e la più redditizia… ma delle altre novecentonovantanove? Nessuno (a parte Lei e pochi altri) le prende in considerazione?

Tutti truffatori? E i produttori onesti? Perchè ci devono sempre rimettere e passare come imbroglioni? e continuare a vivere dovendosi sempre giustificare?

Quando partecipo a delle manifestazioni e parlo con le persone… non del settore… la prima cosa che ti dicono e parlano… ci sono degli imbrogli e delle frodi….

Vai poi a convincerle che non è la totale realtà ma che stiamo parlando di un caso di poche mele marce….

Fino a quando le persone verranno bombardate e sentiranno parlare di prezzi di olio stracciati e di frodi, è normale che si convincano… e hanno questa reazione… già…

Sono poche le persone che assaggiano il prodotto nel migliore dei modi e poi iniziano a farti domande… Anzi, la maggior parte non ha mai assaggiato l’olio da “solo” e questo la dice lunga. E’ come dire, mmmmmm che buona la marmellata di ciliegie, senza mai avere asseggiato le ciliegie da sole… Un esempio stupido ma concreto. Se poi mettiamo in testa delle informazioni sbagliate… non ne usciamo più.

Ora mi chiedo: perchè noi produttori di olio dobbiamo continuare ad essere massacrati sotto questo punto di vista e non difenderci? Perchè continuaimo ad abbassare la testa e dobbiamo ripartire da capo a convincere l’opinione pubblica che l’olio non è un prodotto di scarto?

Il problema che noi produttori, tendenzialmente proteggiamo solo l’olio che produciamo noi stessi, e non quello degli altri. E’ più facile parlare bene del proprio olio e screditare quello degli altri, ma così facendo commettiamo lo stesso errore del servizio del TG1.

Convincere che l’olio è un alimento di scarto, deprezzato e pieno di imbrogli…

Quindi, imbocchiamoci le maniche… Facciamo sentire la nostra voce, aiutiamoci tra noi… e aiutiamo i giornalisti veri che parlano e sanno cosa è l’olio. E gli altri? Screditiamoli…

Saluti

Mattia Vaccani

Cooperativa Olivicoltori Lago di Como

E’ proprio così, alla fine tanti riflettori accesi sulle frodi finiscono per convincere che tutto è marcio e nel dubbio meglio orientarsi altrove, per esempio su altri grassi, dei quali non si sente nulla: silenzio. Ha ragione: facciamo sentire la nostra voce, aiutiamoci tra noi. Sottoscrivo.

LC

ROBERTO DAL MAS: educare il consumatore spingendolo ad essere cauto

Ho letto il suo commento relativo al servizio mandato in onda da RAI 1 lo scorso 18 febbraio.
In effetti alcune delle affermazioni, in particolare quelle della “tecnologa alimentare” (sic!) Pina Boccia, lasciano – a dir poco – molto perplessi. E rischiano di fare più confusione, nella testa del consumatore, di quella che già c’è quando si parla di olio di oliva.
Ma in termini generali trovo molto corretto il tentativo di educare il consumatore, spingendolo ad essere cauto, se non addirittura diffidente, circa la effettiva rispondenza delle dichiarazioni contenute nelle etichette di certi produttori nazionali di maggiori dimensioni, o retailers della GDO attraverso propri marchi commerciali, e l’effettiva qualità del prodotto venduto.
Spesso infatti prezzo al pubblico di alcuni di questi prodotti non raggiunge i 3-4 Euro!

A lei non sfuggiranno sicuramente i reali costi di manutenzione annuale agli uliveti, alla raccolta, alla molitura, all’imbottigliamento, ecc., che rendono oggi il settore assolutamente antieconomico.
I costi “industriali” sono, come ovvio, molto superiori, costringendo pertanto molti operatori “onesti” a non raccogliere nemmeno le olive, per ridurre le perdite dell’annata agraria.

Al tempo stesso questi grandi produttori acquistano annualmente il raccolto sul campo, spesso munito della certificazione DOP o BIOLOGICO, ma poi non raccolgono le olive, preferendo importare l’olio dai più disparati paesi mediterranei, salvo stoccare da un anno per l’altro, in enormi serbatoi della tenuta di centinaia di migliaia di ettolitri, e poi imbottigliare all’occorrenza, anche molto tempo dopo (ma facendo decorrere i fatidici 18 mesi di validità del consumo dal momento della messa in contenitore e non dalla data di molitura!

Per finire dunque, sarebbe bene che un blog specializzato come il suo si proponesse di analizzare in profondità tutti fenomeni, evitando la difesa d’ufficio di quei produttori industriali che tanto dà non spesso causano.
Con i più cordiali saluti

Roberto Dal Mas

Mi piace quanto lei scrive: “educare il consumatore spingendolo ad essere cauto”. Sono pienamente d’accordo, ma occorre farlo senza intimorirlo, appunto educandolo, facendolo aprire alla curiosità e alla rfilessine, senza spazientirlo o forzarlo, ma soprattutto senza sucitare in lui la paura, altrimenti il consumatore lo si perde.

Quanto al blog, Olio Officina è nato come blog, ma poi nel settembre 2013 è diventata testata giornalistica. Il blog inziiato nel novembre 2010 ha assunto il nome, a partire dal 29 settembre 2013, di Olivo Matto e si trova QUI.

Difesa d’ufficio dei produttori industriali? Io sono dell’idea che si debba difendere il prodotto olio da olive dall’assalto dei mistificatori. Per il resto, io sono soddisfatto dello stato generale del comparto oleario, a parte il momento difficile che stiamo attraversando.

LC

La foto di apertura è di Luigi Caricato e ritrae un’opera esposta a Casa Planeta a Menfi

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