Terra Nuda

Guida alle guide dell’olio

Quali sono le migliori in circolazione. Sono davvero utili? Sono sufficientemente autorevoli al punto da indirizzare con coscienza i consumatori all’acquisto? Esistono anche guide non all’altezza del nome? Qual è la migliore tra tutte?

Luigi Caricato

Guida alle guide dell’olio

Io di guide non ne faccio, e spero tanto di non farne, ma potrei anche farle, chissà, molti un giorno sì e l’altro pure mi chiedono, anzi mi invocano: perché non fai una guida all’olio? Io, per educazione rispondo: vediamo, non ci credo tanto, tentenno, perché c’è dietro un lavoro enorme. Una guida se la si fa bene richiede tempo, dedizione, cura dei particolari. Per me, per il mio carattere, è qualcosa di inutile se seriale. E’ un lavoro ripetitivo e alienante che non fa per me: ogni anno sempre una guida mi sembra esagerato, soprattutto perché gli oli non sono il vino: non si conservano le annate. Meglio le recensioni sui giornali, piuttosto: segnalare un olio nello spazio di una rubrica su un giornale significa che quell’olio merita considerazione, è un invito a occuparsene, a provarlo, a curiosare. Farlo attraverso un giornale significa farlo subito, in una guida sotto forma di pubblicazione cartacea si arriva sempre in ritardo. Che senso ha inserire gli oli in guida? Eppure servono, sono utili, pensate a chi non sa nula di nulla, una guida lo guida, lo indirizza. Speriamo bene. Sì, perché una domanda che si impone immediata è se siano veramente affidabili le guide all’olio in circolazione.

Non sono tanto incline alle guide, ma io, tuttavia, non ne sono immune. Ne ho pubblicate tre, seppur controvoglia. Solo perché non ho detto di no a una gentile sollecitazione da parte degli editori che me lo hanno richiesto, in un periodo storico in cui c’era il vuoto e ogni spazio aveva un valore importante: non si poteva dire di no; ora è diverso, gli spazi per l’olio ci sono, anche le attenzioni sono più qualificate. Per fortuna. La mia prima guida risale all’anno 2000, e ha per titolo L’olio di Veronelli. Era scaturita dalle centinaia e centinaia di extra vergini degustati per la mia rubrica su “Ex Vinis”, la rivista di Veronelli Editore, poi diventata “EV Veronelli”.

L’altra mia guida è stata una guida non guida, una guida ibrida, anche perché in realtà è stato un libro sull’olio che, a conclusione del percorso di iniziazione, nello spazio riservato alle regioni, facevo comparire gli oli da me selezionati, senza voti perché detesto dare voti. Ho troppo rispetto verso chi lavora che giudicarli attraverso un numero mi sembra avvilente. Questa guida aveva per titolo Oli d’Italia ed era edita da Mondadori, pubblicata negli Oscar nel 2001.

Poi arrivò, per Tecniche Nuove, la Guida agli oli extra vergini bio, nel 2004; ma non credo nelle guide agli oli bio, sono contrario a una separazione rispetto agli altri oli da olive. Come per i concorsi, credo che gli oli bio debbano essere collocati insieme agli oli convenzionali, altrimenti si crea una forma di ghetto. E’ la qualità l’obiettivo, che l’extra vergine sia da agricoltura biologica o non, spetta al consumatore decidere, ma il confronto va fatto collocando gli oli sullo stesso piano.

Veniamo alle guide. La più antica e consolidata sarebbe quella di Marco Oreggia, ma non lo è più, perché L’extravergine – così si chiamava agli esordi – inizialmente espressione di Umao, si è poi trasformata nel tempo in qualcosa d’altro, fino ad assumere il titolo attuale di Flos Olei. Guida al mondo dell’extravergine.

Non essendoci più L’extravergine (anche se Flos Olei, giunta alla quinta edizione, ne è di fatto l’evoluzione naturale), la guida più anziana, in quanto non ha mai cambiato né il nome né l’editore, resta quella di Slow Food, a cui si è infine aggiunta, di recente, la guida Unaprol Oli d’Italia, edita da Gambero Rosso; mentre altre guide, o presunte tali, non ritengo sia necessario contemplarle, giacché, pur presentandosi con l’appellativo di guida, non lo sono di fatto, in quanto lontane dall’esserlo.

FLOS OLEI 2014

Guida al mondo dell’extravergine

Curatori: Marco Oreggia e Laura Marinelli

Editore: Marco Oreggia (E.V.O. Srl)

Edizione bilingue: italiano e inglese

Pagine: 864

Euro: 30

Il formato è maneggevole e pratico, consente una buona consultazione; anche in ragione di una grafica molto curata e chiara, che invita alla lettura e all’approfondimento. Il volume, tuttavia, è molto pesante, certamente per il gran numero di pagine, ma anche in ragione della grammatura della carta (e non sarebbe infatti una cattiva idea alleggerirla un po’, come accade con le guide ai vini).

Nel colophon c’è una ricchezza di nomi. Il ccordinatore delle degustazioni è Marco Oreggia, mentre all’organizzazione si aggiunge anche Riccardo Monteleoni. Sono poi riportati i nomi di coloro che partecipano alle degustazioni, sia degli oli italiani sia di quelli esteri. Ed è numeroso anche l’elenco dei collaboratori internazionali.

L’introduzione evidenzia che l’ambizioso obiettivo della guida è di “portare freschezza ed energia all’interno del contesto editoriale del settore oleario”, e dobbiamo riconoscere che tale obiettivo, seppur amizioso, è stato ben indirizzato e merita ampiamente un giusto riconoscimento. L’apprezzamento che ci sembra altrettanto giusto fare, al punto da essere evidente anche a un lettore meno attento, è lo sguardo universale, aperto a 47 nazioni. So che questa apertura alle produzioni mondiali è stata contestata da taluni detrattori della guida, ma è chiaro che si tratti di una critica pretestuosa, mossa da persone immeritevoli di rispetto, giacché l’attenzione a ciò che accade nel mondo non può essere trascurato, ed è oltretutto un coraggio editoriale che occorre riconoscere a Oreggia.

Non entro nel dettaglio di altre considerazioni, che pure meriterebbero di essere approfondite, ma fermandomi alla legenda, dove compiano i simboli utilizzare per inquadrare sinteticamente aziende e oli, noto con piacere che l’intento dei curatori non è quello di soffermarsi sull’extra vergine di volta in volta prescelto, tra i vari prodotti dall’azienda selezionata, ma la valutazione aziendale e, soprattutto, importantissima, la “tendenza aziendale” (su, giù, stabile), senza trascurare nemmeno il simbolo dell’ecosostenibilità, per quelle aziende che operano seguendo modelli di produzione rispettosi dell’ambiente. Altro simbolo, per nulla secondario, è quello che mette in risalto il rapporto qualità-prezzo.

Utili inoltre le essenziali indicazioni riportate nelle pagine introduttive, circa la tecnica della degustazione, come pure l’alfabeto del degustatore, oltre alle stesse istruzioni per l’uso, molto preziose per un lettore meno esperto. Chiaro e istruttivo infine lo sguardo sull’olivicoltura nel mondo, oltre alle preziose tabelle con i numeri che inquadrano di volta in volta le varie realtà produttive, consentendo così al lettore di farsi un’idea concreta dello scenario.

In conclusione, un apprezzamento va anche per l’indice dei produttori, riportato in chiusura di guida, con l’indicazione di quattro elementi chiave: valutazioni, premi, Paese e pagina di riferimento; ma vi è anche, a parte, con l’intento di facilitare lo sguardo d’insieme, l’indice dei produttori per punteggio conseguito.

IL GIUDIZIO

Prezzo: 30 euro, adeguato al valore dei contenuti della guida

Cosa c’è da migliorare: la diffusione della guida, introvabile in libreria; un grosso limite, giacché si concede spazio a guide che non sono pari per valore del prodotto editoriale offerto. Un limite, quello della diffusione in libreria, che si compensa con la multimedialità della guida, attraverso le applicazioni iPhone e iPad

Il giudizio complessivo: 8

GUIDA AGLI EXTRAVERGINI 2014

Curatore: Diego Soracco

Editore: Slow Food Editore

Edizione: solo in lingua italiana

Pagine: 416

Euro: 14,50

La guida è slowfoodcentrica, considera poco altri elementi di distinzione da parte delle aziende produttrici. C’è una visione limitata, non laica, mancando, all’interno della guida, aziende che pure relaizzano produzioni di qualità e che meriterebbero di essere contemplate; ma questa non è una critica, perché è giusto e comprensibile che una guida che assegna tra i vari riconoscimenti la “chiocciola” alle aziende che interpretano al meglio i valori organolettici, territoriali e ambientali siano effettivamente in sintonia con la filosofia del movimento fondato da Petrini. Interessante nel contempo il riconoscimento di “Olio Slow” all’olio “di qualità capace di emozionare” e ottenuto nel contempo con pratiche agronomiche ecosostenibili e con un buon rapporto qualità-prezzo “inteso su base regionale”. Ecco, sarebbe curioso capire il senso (che pur si comprende bene, in verità) di un prezzo “su base regionale”, il che tradotto significa che un olio toscano o del Garda costerà forse di più poiché prodotto in una zona dai costi di produzione più elevati? Si spera sia in questo senso, ma sarebbe stato il caso di precisare meglio. C’è da osservare tra l’altro che anche in zone di produzione prevalentemente non collinari, come per esempio il Salento, i costi di produzione sono comunque alti se le olive che esprimono oli di qualità provengono da alberi secolari, visto che i costi di raccolta e cura della pianta sono notevoli – aspetti, questi, poco considerati.

Esiste poi il riconoscimento assegnato al “Grande Olio”, che così viene raccontato: olio eccellente nella sua categoria per pregio organolettico, aderenza al territorio e alle cultivar autoctone”.

Una critica che possiamo fare, in tutto ciò, è la distinzione, troppo indefinita e generica, tra i tre riconoscimenti: Chiocciola, Olio Slow e Grande Olio.

Il formato è a mio giudizio il migliore tra le tre guide esaminate, pioiché più maneggevole di tutti e per giunta anche più leggero per una ottima scelta della carta. Un apprezzamento va anche alla mancanza di etichette o foto di bottiglie, non necessarie, visto che l’idea di riportarle non è così fondamentale. Oltretutto è anche una strategia ispirata al risparmio dei costi di stampa che condivido in pieno, trattandosi di una guida e non di un libro illustrato o un catalogo degli oli in cui è necessario evidenziare anche la bellezza delle forme con cui l’olio si presenta.

Altro elemento che mi fa giudicare positivamente la guida Slow Food è l’essenzialità dei dati riportati, purtroppo funestata da errori di battitura che quando riferiti a numeri creano inevitabilmente disorientamento e stupore (un esempio, tanto per rendere l’idea: in Sardegna, l’azienda Accademia Olearia, con ettari coltivati 200, ma con un numero di piante – 190! – davvero improbabile).

Manca inoltre l’approfondimento nelle schede di presentazione poste in apertura alle singole regioni, ma ciò che viene riportato resta comunque utile e apprezzabile. Come pure si apprezza l’attenzione riservata a più oli di una medesima azienda, senza dunque limitarsi al solo olio più rappresentativo.

Altra osservazione che mi sembra giusto mettere in luce è il criterio con il quale si indicano le aziende aderenti alla filosofia Slow Food. E’ un fatto elettivo, di pubblica adesione ai principi del movimento, oppure è solo una presunzione di adesione allo spirito Slow Food. Cerco di essere più chiaro con un esempio: in Toscana viene recensita un’azienda che dichiara “olive 100% di proprietà”, ma se io so per certo che quest’azienda acquista camionate su camionate di olive Peranzana, dal nord Puglia, questa facoltà (che, per carità, non trovo così scandalosa) è ammessa nella filosofia Slow Food o non è ammessa? Non è una critica, ma solo un’osservazione utile per chiarire il criterio di selezione. Non è una critica, come ho già ben evidenziato, anche perché in apertura di guida si evince chiaramente che i dati relativi alle aziende “sono stati forniti dalle aziende stesse”, e tutto si basa sulla fiducia delle dichiarazione rese

Per il resto, la guida Slow Food io la consiglierei volentieri a chi fosse indirizzato verso produzioni di qualità e con una spiccata sensibilità verso le produzioni ecosostenibili.

IL GIUDIZIO

Prezzo: 14,50 euro, adeguato al valore dei contenuti della guida

Cosa c’è da migliorare: gli errori di battitura che in alcuni casi spiazzano il lettore; e le distinzioni tra i riconoscimenti, rendendole più diversificate e dettagliate.

Il giudizio complessivo: 6 +

OLI D’ITALIA 2014

Curatore: Stefano Polacchi

Consulente tecnico e capo panel: Giulio Scatolini

Editore: Gambero Rosso

Progetto editoriale nato in collanborazione con Unaprol

Pagine: 464

Prezzo: 13 euro

Rispetto alla guida Slow Food, e soprattutto a quella di Oreggia, il numero di degustatori e collaboratori indicato nel colophon è piuttosto scarno, un vero peccato visto che la guida si avvale in tutto del prezioso apporto di Unaprol. Ecco, l’Unaprol. Molti sanno che le mie critiche a questa associazione di categoria, in particolare da quando Coldiretti ne ha il controllo totale, avendo scalzato Confagricoltura, non si precano; ma non è questo il punto: se anche la guida fosse realizzata con altre associazioni, Cno (Consorzio nazionale olivicoltori) oppure Unasco, o altre sigle, poco importa, non si comprende come mai una guida edita da un editore debba essere supportata da una associazione che rappresenta i produttori. Sarebbe stato un bel gesto semmai avere il supporto di una associazione di consumatori, ma è impensabile che una guida possa apparire terza nei giudizi se vi è dietro una realtà associativa che rimanda direttamente ai produttori.

Ne ho già scritto altrove, e la mia critica è stata punita senza alcuna finezza da parte del curatore Stefano Polacchi, al momento in cui vi erano state delle asprezze interne alla rivista Teatro Naturale (poi per mia fortuna risolte, con la mia attuale e totale estraneità da quel prodotto editoriale che pure avevo creato e che risponde al nome di Teatro Naturale). Polacchi in quell’occasione non è stato distaccato nel prendere una pubblica posizione contro la mia persona, addirittura additandomi come persona di parte, non terza. Trovo tutto ciò sgradevole se intendeva essere un atto di cattiveria nei miei confronti per una legittima e ben articolata critica mossa alla guida Oli d’Italia. Pazienza, il mondo è fatt da persone con diversi stili. Ne prendiamo atto.

Tornando alla mia critica di allora, è la stessa di oggi: la mancanza di una indipendenza formale. Qual è il ruolo di Unaprol. In che modo contribuisce. Ed è anche legittimo chiedersi se la guida ha benficiato di contributi pubblici assegnati a Unaprol. Non sono particolari secondari. Sono fondamentali nel giudicare una guida che assegna riconoscimenti alle aziende o che può penalizare aziende nel giudizio degli oli prodotti. La scelta di avere come capo panel Giulio Scatolini, storica espressione di Unaprol, a capo tra l’altro della maggior parte dei molti concorsi oleari che si svolgono in Italia, non depone a favore della guida Oli d’Italia edita da Gambero Rosso. Ne determina anzi un legame che porta a equivoci e fraintendimenti: che peso esercita Unaprol nelle decisioni? E se Scatolini è il capo panel, chi è il gruppo panel che opera sotto la sua direzione?

A Stefano Polacchi può sembrare una rinnovata offesa, la mia, ma resta ed è una legittima critica, una osservazione che tra l’altro ogni lettore dovrebbe farsi, in modo da esprimere una valutazione del prodotto editoriale ed essere certo della reale indipendenza della guida stessa. E, sia ben chiaro: non si scrive qui che la guida non sia stata fatta bene, con la massima cura, e nemmeno si sospetta che la guida sia stata concepita allo scopo di favorire alcune aziende al posto di altre. Credo nel corretto operato di Scatolini, ma ci si domanda comunque il perché una associazione di categoria che rappresenta la categoria che viene giudicata sia presente a sostegno della guida medesima. Non è un particolare da poco conto.

La guida ha una bella grafica, e un formato che la rende ancora più facile da consultare. Piace meno la copertina, rispetto alla bellezza espressiva della guida di Oreggia; ma è decisamente migliorata l’edizione 2014, non essendoci le troppe (e in alcuni casi non essenziali) introduzioni in apertura. Stupisce che a firmare le due premesse siano Paolo Cuccia (il neo editore, dopo la storica e fantastica stagione dei fondatori del Gambero Rosso, non più presenti) e Massimo Gargano (fino a pochi giorni fa presidente di Unaprol). Due firme che poco hanno a che fare con la guida, ma proprio le due firme in questione fanno capire come Polacchi, che ne è il curatore, non ha voce in capitolo: conta l’editore e quello che appare essere il committente (?) o sostenitore (?).

Mi stupisce oltretutto che un editore firmi una premessa. Tanto per farvi capire l’incongruenza, a breve uscirà un mio nuovo libro: vi posso assicurare che l’editore non firmerà alcunché, sarebbe una anomalia incomprensibile. Se a firmare le premesse sono il presidente della Gambero Rosso Holding e il presidente di Unaprol, è la chiara dimostrazione che non si tratti di un’opera editoriale come altre, ma è una operazione editoriale che potremmo definire istituzionale. Infatti non stupisce come la guida in questione sia possibile averla gratis negli spazi espositivi del Ministero delle Politiche agricole al Vinitaly di Verona (io però l’ho comprata, come tutte le altre edizioni) – e anche qui non si capisce il motivo per cui alcuni possano averla gratis e altri no). C’è da osservare, tuttavia, che rispetto alle precedenti edizioni, qui non appaia più il logo del Ministero delle Politiche agricole. Sarebbe curioso capire il perché, seppure si possa ben intuire.

Per il resto, la guida merita considerazione. Ha una bella impostazione, graficamente è ben architettata, evidenziando molteplici referenze di una medesima azienda. Non solo, avvalendosi della preziosa storia del Gambero Rosso, e delle altre guide, sono sgenalate anche le soste relative al mangiare, dormire e comprare. Cosa si può chiedere di più?

Cosa si può chiedere di più? Una maggiore attenzione nella presentazione delle regioni, visto che ci si concentra in particolare sull’Italia. E guarda caso noto che nella copertina sia sparita totalmente la bandiera italiana. Peccato, uan guida così istituzionale meriterebbe un particolare simbolicamente per nulla marginale per importanza qual è appunto il tricolore.

Una critica: troppi gli oli valutati con le tre foglie. Rispetto alle altre guide c’è un’abbondanza di riconoscimenti che rende la guida meno credibile. Non che si mettano in discussione le tre o le due foglie assegnate, ma un po’ di moderazione nei giudizi benevoli renderebbe la guida più autorevole e meno compiacente.

Infine una osservazione: scrive, Paolo Cuccia, che la “sua” guida “è la risposta migliore e più concreta a chi non capisce ancora cosa sia l’olio extravergine italiano: un alimento tanto più sano quanto più buono, un prezioso toccasana per la salute”, eccetera.

Cosa significa? Forse che altri produttori di altri Paesi non producano un alimento tanto più sano quanto più buono, un prezioso toccasana per la salute? Così, lo chiedo giusto per capire.

IL GIUDIZIO

Prezzo: 13,90 euro, adeguato al valore dei contenuti della guida (ammesso che la collaborazione con Unaprol non equivalga a un contributo finanziario esterno all’editore, in tali casi sarebbe stato più opportuno un prezzo più basso).

Cosa c’è da migliorare: l’indipendenza, in quanto la presenza di una associazione di categoria come Unaprol mette in pregiudizio il valore della guida. Diverso sarebbe se ci fosse invece il supporto di una asssociazione di consumatori.

Il giudizio complessivo: senza voto. La guida merita, è fatta in maniera professionale, ben impostata, ma vi sono aspetti di debolezza che vanno necessariamente chiariti.

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