Terra Nuda

Le colture no food?

L'altra via dell'agricoltura. Esiste ORA un network internazionale, denominato Panacea, nato per diffondere la conoscenza delle colture non alimentari tra gli agricoltori e favorire di conseguenza i principi della bioeconomia. C'è spazio per bioplastiche ottenute da scarti agricoli, lubrificanti, materiali da costruzione, prodotti farmaceutici, bioenergia, biocarburanti. Il tutto derivante da piante oleaginose (camelina, ricino), lignocellulosiche (canapa, canna comune), carboidrati (sorgo, barbabietola da zucchero) e tante altre colture

Marcello Ortenzi

Le colture no food?

Colture no food, ovvero quelle colture non alimentari non destinate a entrare nelle catene alimentari ma utilizzate per produrre una vasta gamma di prodotti di origine biologica, quali polimeri (è il caso delle bioplastiche ottenute da scarti agricoli), lubrificanti, materiali da costruzione, prodotti farmaceutici, nonché bioenergia e biocarburanti.

Le colture no food si classificano in: oleaginose (ad esempio, camelina, ricino), lignocellulosiche (canapa, canna comune), carboidrati (sorgo, barbabietola da zucchero) e “specializzate” (ad esempio lavanda e altre piante per l’estrazione di olii essenziali o principi farmaceutici). Sono colture quindi che possono sostituire materie fossili con vantaggio per l’ambiente.

Il network Panacea, finanziato dal programma Horizon 2020 dell’Unione europea con 1.999.500 euro, ha come obiettivo la disseminazione di casi di studio di oltre duecento colture non alimentari prossime all’implementazione, e la cooperazione tra ricerca, industria e comunità agricola, al fine di accrescere il contributo delle Nfc alla Strategia europea per la bioeconomia.

I due partner italiani del consorzio sono il Crea e l’Università di Bologna. Tuttavia, le Nfc non sono molto diffuse tra gli agricoltori europei, a causa della mancanza di filiere di approvvigionamento, di un’adeguata politica economica e di incentivi. Il netwwork nasce proprio per diffondere fra gli agricoltori europei tali colture e così soddisfare la crescente domanda di materie prime per la bioeconomia.

Entro il 2020 Panacea dovrebbe raggiungere diversi obiettivi pratici.

Creare e divulgare un inventario di progetti scientifici relativi alla produzione sostenibile di Nfc, realizzati o in fase di implementazione.

Analizzare e contribuire al ruolo delle Nfc nel rinascimento rurale europeo, prendendo in considerazione le esigenze e gli interessi sia degli agricoltori che delle bioindustrie.

Creare comunità multiattore interattive nei dieci paesi partner del progetto, che coinvolgano un’ampia gamma di attori provenienti dal mondo scientifico, dell’industria e della pratica agricola, che disseminino soluzioni per la realizzazione di filiere Nfc e al tempo stesso catturino e diffondano idee innovative.

Fornire formazione tecnico/pratica ad agricoltori, agronomi e studenti di agronomia sulle filiere Nfc.

Implementare la piattaforma Panacea (in preparazione, prossimamente consultabile su questo link), al servizio di agricoltori, agronomi e bioindustrie, per lo scambio di conoscenza, contatti fra gli operatori, valutazione degli aspetti economici ed ambientali delle Nfc, e per trovare un punto d’incontro tra domanda e offerta di nuovi progetti ed iniziative.

Fare rete con altre iniziative EU rilevanti, come il Pei-Agri (Partenariato europeo per l’innovazione in campo agricolo) altre reti tematiche e gruppi operativi, che garantiscono la sostenibilità a lungo termine dei risultati ottenuti dalla rete.

Un primo evento organizzato dal CREA si è occupato dell’automazione nelle filiere di canapa. Una delle principali criticità della filiera canapa è il reperimento di sementi di varietà oleaginose adatte alle condizioni pedoclimatiche italiane. Il successo della coltivazione dipende appunto dalla selezione delle varietà: da olio, da fibra o a doppia attitudine. Dalle esperienze condotte finora, si evince che il problema principale della canapa da olio è la variabilità dell’altezza delle piante, che ne rende difficile il raccolto automatizzato. Il Crea ha testato due soluzioni di macchine di raccolta, a uno e due passaggi, per cui è risultato che i coltivatori si dovrebbero aggregare in cooperative per dividersi i costi di acquisto del macchinario.

Un secondo seminario del CREA ha avuto come oggetto le oleaginose e le colture d’impiego in vari settori. Il recente sviluppo della bioeconomia comporta una crescente domanda di biomassa per gli utilizzi più disparati: produzione di bio-materiali, biochemicals, e la stessa bioenergia, che deve essere trovata in maniera sostenibile, ricorrendo principalmente all’utilizzo delle biomasse residuali e alla diffusione di colture non-food su terreni marginali e poco adatti alla coltivazione di alimenti. Nell’evento sono state illustrate le tecniche colturali come anche le applicazioni di alcune specie ritenute ad alto potenziale per le bioraffinerie: camelina, cavolo marittimo (Crambe), cardo comune, cardo mariano, canapa e lino.

Le aziende agricole dovrebbero essere assistite nel considerare i prezzi di mercato e le rese colturali ed economiche, dei quali non hanno sufficiente conoscenza. Dal punto di vista delle bioraffinerie, è necessario creare accordi di filiera in modo che si riesca ad avere una produzione nazionale al 100%.

La biomassa va utilizzata secondo uno schema di tipo piramidale. Nel vertice vi sono i prodotti farmaceutici e gli ingredienti per la “chimica fine”, successivamente i prodotti per l’alimentazione umana, per l’alimentazione animale, i prodotti chimici assieme ai materiali industriali, i combustibili per autotrasporto. Alla base della piramide vi sono elettricità e calore.

In apertura foto di un dipinto di Vincent Van Gogh, “Chair”, National Gallery, London

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