Terra Nuda

Un Pascale farà dimenticare Petrini?

Prende il via il nuovo corso di Slow Food. Il neo presidente Nino Pascale è un agronomo. Punta ad aprire il dialogo con la Gdo e a caratterizzare l’organizzazione con una marcata presenza di piccole strutture agricole ispirate dal modello “contadino”

Alfonso Pascale

Un Pascale farà dimenticare Petrini?

Slow Food ha un nuovo presidente. È il sannita Nino Pascale, un agronomo che finora ha diretto l’associazione campana. Porta il mio cognome ma non siamo parenti. Né ha vincoli di parentela – che io sappia – con il casertano Antonio, il noto scrittore – anche lui agronomo – che combatte a viso aperto gli approcci antiscientifici e antindustriali all’agricoltura. Chissà che un giorno si possa organizzare un bel confronto tra noi tre sul futuro dell’agricoltura.

Nino ha vinto il congresso gareggiando con Cinzia Scaffidi, laureata in filosofia e dal 1992 a Bra con l’incarico di direttore del centro studi dell’associazione. Si sono confrontati sulla base di programmi distinti. Il neo presidente punta a caratterizzare l’organizzazione con una marcata presenza di piccole strutture agricole che si richiamano al modello “contadino” e ad aprire il dialogo con la GDO per creare una vetrina per i prodotti dei soci. La Scaffidi ritiene invece che Slow Food debba dare spazio anche alle grandi aziende dell’agroalimentare e a quelle degli altri settori non legati direttamente al cibo ma che lo influenzano, affermando così un protagonismo a tutto campo nella green economy.

Benché accomunati dal Petrini-pensiero delle origini, entrambi vogliono imprimere una svolta decisiva all’organizzazione: rottamare il modello carismatico e plebiscitario fondato sul dialogo esclusivo con il grande pubblico e dare via libera ad un modello capace di ritagliarsi un proprio spazio nel mondo della rappresentanza sociale e di confrontarsi con tutti i soggetti sociali e istituzionali. Con un consenso pari a circa il 40 per cento dei delegati, Cinzia ha accettato di stare accanto a Nino nel percorso di rinnovamento di Slow Food. E dunque le due linee dovrebbero trovare una sintesi in un’apertura a tutto campo dell’organizzazione verso l’esterno senza più il protagonismo assorbente del fondatore, il quale ha avuto l’indubbio merito di far apprezzare la cultura del cibo a quella sinistra priva di qualsiasi retroterra rurale e borghese.

Intervenendo al congresso, un’altra personalità carismatica, don Ciotti, ha incitato i nuovi dirigenti ad essere eretici. Già cinque secoli fa, un grande eretico, Calvino, incitò un Pascale, Gian Luigi, rampollo di una antica famiglia patrizia di Cuneo, a scendere nell’Italia meridionale per predicare il credo protestante nelle comunità valdesi. Queste erano fuggite nel Duecento dal Piemonte per sottrarsi alle persecuzioni della chiesa. L’editore cuneese riuscì a risvegliare in quelle popolazioni l’insegnamento di Valdo e aggiunse la critica spietata verso la chiesa di Roma che accumulava ricchezze e onori mondani anziché vivere nella sobrietà e nell’umiltà. Ma fu denunciato per eresia, processato e condannato dal tribunale dell’Inquisizione, strangolato e poi arso in una pubblica esecuzione davanti a Castel Sant’Angelo a Roma. E migliaia di contadini calabresi e pugliesi che lo avevano seguito ebbero un sorte analoga.

Forse i Pascale che si sono diffusi nel Sud discendono dal predicatore calvinista venuto dalle Langhe a convertire i valdesi. Auguro però a Nino di non farsi eretico come il nostro lontano antenato, di superare appartenenze vecchie e nuove, di mettere l’esperienza di Slow Food a disposizione del paese, di aprire a percorsi dialoganti, di infondere il senso del rispetto per le idee altrui, rifuggendo dalle guerre di religione e difendendo il pluralismo degli ethos del mercato e delle scelte individuali. Anziché schierarci ogni volta tra papisti e luterani, tra verità uniche ed eresie che si trasformano in altrettante verità uniche, dovremmo tutti riscoprire e rinverdire l’umanesimo laico e tollerante di Erasmo.

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