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Da dove partire se si vuole parlare di cucina italiana

Innanzitutto, da una presa di coscienza: le pietanze che si consumano oggi in Italia hanno subìto dei cambiamenti. Molte ricette sono state reinterpretate e altre sono nate dall’incontro con la cultura culinaria di altri Paesi. Allan Bay, scrittore, giornalista e gastronomo, spiega le tappe cruciali che si sono susseguite e hanno delineato il nuovo volto del mangiare all’italiana, soffermandosi sull’uso di precisi alimenti cardini dell’alimentazione, come l’olio extra vergine di oliva

Chiara Di Modugno

Da dove partire se si vuole parlare di cucina italiana

Se un tempo si disponeva di piatti precisi per inquadrare la cucina italiana, oggi non è più così facile. Certo, esistono delle ricette storiche che, seppur quasi estinte, fanno ugualmente parte del nostro Dna.

Ma per raccontare quali sono oggi le peculiarità del panorama culinario italiano bisogna partire da una affermazione, chiara e precisa, di Allan Bay, scrittore, giornalista e gastronomo, che recita «definiamo cucina italiana quella che si mangia in Italia».

Questo cosa significa? Significa che ciò di cui ci nutriamo, spesso, è figlio della ristorazione moderna che ha superato alcune modalità di preparazione, come quelle molto lunghe, tipiche della cucina borghese, sapendo il numero preciso dei commensali.

Più difficile da gestire, racconta lo scrittore, è la cucina dove non sai quanti piatti verranno venduti, e quindi serve spezzare il lavoro in una preparazione iniziale e proseguire in un secondo momento.

«Questa nuova modalità – spiega – è stato il grande contributo della Gran cousine francese dell’Ottocento, modificando anche le abitudini in termini casalinghi».

Nel corso dell’undicesima edizione di Olio Officina Festival, Allan Bay ha spiegato i tre grandi fenomeni che hanno contribuito a delineare quella che oggi viene chiamata come “cucina italiana”, partendo dalla sanificazione dei cibi.

  •  Il controllo della salubrità del cibo è un fatto piuttosto recente, se si pensa allo scandalo che ha smosso la coscienza avvenuto nel 1914 in Francia per la salmonellosi. Ma solo negli anni Venti sono state emanate le prime leggi volte a regolamentare la conservazione degli alimenti;
  • Quando parliamo di pentole, quanti nomi dobbiamo utilizzare? Casseruole diverse per quasi ogni preparazione restituiscono una idea chiara di quanto questa realtà sia ormai caratterizzata da continui e nuovi piatti, dove ognuno ha bisogno di strumenti precisi per essere realizzato. Questo fenomeno deriva dall’influenza proveniente dalle altre cucine, ed ha portato i cuochi a orientare le ricette verso i gusti degli stranieri perché iniziarono a capire che alcuni piatti piacevano di più rispetto ad altri. Non hanno indagato sul perché, però si sono dovuti adattare: ed è questo che fa un cuoco, si adatta sempre al suo pubblico;
  • Nuovi ingredienti da scoprire, imparare a utilizzare e conoscere al meglio per la cucina professionale si sono diffusi per merito di figure cruciali, che sembrano essere dimenticate quando si pensa alla metamorfosi della cucina italiana, nonché i grossisti. L’emergere dei ristoranti di pesce nel nord Italia è per merito di bravi grossisti che a partire dagli anni Cinquanta svilupparono questa distribuzione.

Il settore della ristorazione è in continuo mutamento, dove nuovi stimoli e nuove conoscenze contribuiscono a delinearne il volto. «Il mondo è cambiato e io cerco di adattarmi al mondo» afferma Allan Bay mentre parla del suo libro Nuova cucina italiana, che racconta proprio quello che si mangia in Italia, tra cui i nuovi piatti che sono arrivati in tempi più recenti. Come i poke, a cui però c’è un continuo attacco che il giornalista non riesce a capirne la ragione «i poke sono dei piatti che hanno una loro ragion d’essere, che mangeremo sempre di più e il successo è dato principalmente dal fatto che sono facili e veloci da preparare».

Allan Bay in dialogo con Luigi Caricato a Olio Officina Festival 2022

Per tornare al libro, Bay spiega che le «le ricette sono rimaste quelle italiane storiche, grazie al contributo di Paola Moroni Salvatori che ha curato il volume con me. È interessante sapere che gli agnolotti, a Parma, vengono definiti tali solo se si usano tre tipi di carne, ma nelle ricette del Settecento erano fatti solo con il tacchino, un animale arrivato dalle Americhe che i ricchi sceglievano perché esclusivo. Sono poi state aggiunte molte e tolte altre, che hanno una nascita moderna o provenienti direttamente da altri Paesi e sdoganate nel nostro».

Se vi interessa approfondire una delle ricette del volume in questione, potete leggere Come preparare la maionese all’olio di oliva e consultare questa ricetta alternativa, a cui non tutti sono abituati.

Anche il contesto socioculturale determina quelle che sono le caratteristiche di una cucina rispetto ad un’altra, spiega Allan Bay.

Infatti, le ricette arabe richiedono delle preparazioni lunghissime, e questo è possibile perché le donne possono occuparsene tutto il giorno per una serie di motivi noti.

In Italia, questo non accade perché nella maggior parte delle famiglie lavorano sia gli uomini, sia le donne, e diventa così complicato dedicarsi interamente alla preparazione dei piatti, a differenza di quanto accadeva in passato nella nostra società, in cui vigeva una cucina casalinga.

In quella che è, nella sua totalità, con nuove influenze e piatti, la cucina italiana non può mancare un ragionamento attorno al mondo dell’olio extra vergine di oliva.

Allan Bay afferma che «per principio non mi pongo davanti agli oli vegetali, e voglio ricordare che ogni grasso ha un proprio determinato perché. Scoprii l’olio extra vergine, per la prima volta, nel 1966 al ristorante Il luogo di Aimo e Nadia tramite un racconto di un produttore di olio che spiegò le difficoltà nel collocare un prodotto così caro e così nuovo nei locali. Inoltre, un problema era anche dato dal far capire ai cuochi che l’olio andava aggiunto alla fine della preparazione in quanto aromatizzatore, e al suo posto impiegavano delle spezie magari molto più costose. Quello che cerco di fare, è di mettermi sempre laicamente nella consapevolezza che per i grassi bisogna separare quelli da mettere a crudo e quelli da usare per cuocere, e dovrebbero avere due nomi diversi per non fare confusione. L’olio extra vergine – prosegue Allan Bay – è fondamentale nella nostra alimentazione, ma serve saper scegliere il grasso adatto in base al tipo di ricetta. Al sud, ad esempio, la tradizione di molti piatti vuole metà olio e metà burro. Quello che è davvero importante è fare cultura gastronomica, conoscere le pietanze e lavorarle, abbinarle, secondo i modi corretti. Quello attuale è un ottimo momento per determinati tipi di grassi, tra cui l’extra vergine, però non dimentichiamoci anche di altri oli, come quello di sesamo e di zucca, perfetto, quest’ultimo, per le patte e molto usato in Germania».

Ecco allora che è sempre più importante non chiudersi dentro a schemi che non permetto di evolversi.

Aprirsi a nuovi ingredienti, o a nuovi modi di interpretare una ricetta che ci ha consegnati al mondo come la patria della buona cucina, non significa tradire la nostra identità culinaria. Al contrario, significa saper cogliere ciò che può farci crescere come Paese, ancora.

 

In apertura, foto di Gabriella Gargioni per Olio Officina

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