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Extinction, ovvero i paradossi e la complessità del vivere 

Storie, per immagini, da Olio Officina Festival. Chi ha visitato il nostro happening in marzo non ha potuto far altro che ammirare l’installazione dell'artista Max Papeschi. Composta da cinquantaquattro statue alte 1 metro e 80, non si potevano non notare queste figure messe ordinatamente in fila. I corpi sono quelli dei fieri guerrieri di terracotta di Xi'an, mentre le teste sono quelle dei nani da giardino. Per quanti non erano presenti al festival, proponiamo le foto di Gianfranco Maggio

Olio Officina

Extinction, ovvero i paradossi e la complessità del vivere 

Max Papeschi approda nel mondo dell’arte contemporanea alla fine del 2008, dopo un’esperienza da autore e regista in ambito teatrale, televisivo e cinematografico.

Ha realizzato oltre sessanta mostre personali e partecipato a un centinaio di mostre collettive in giro per tutto il mondo.

Nel 2014 è uscita in Italia la sua autobiografia “Vendere Svastiche e Vivere Felici”, edita da Sperling & Kupfer (Gruppo Mondadori). Ad aprile 2016 ha inaugurato a Milano il progetto culturale- umanitario “Welcome to North Korea”, il cui tour mondiale è tuttora attivo. È questo un vero e proprio precedente artistico realizzato in collaborazione con Amnesty International, che unisce arte digitale, performance e installazioni in un’operazione multimediale che, attraverso una fittizia e parodistica propaganda di regime, svela gli orrori perpetuati dal dittatore Kim Jong Un.

Numerosi i suoi progetti performativi e installativi realizzati in Italia e nel mondo per diverse istituzioni pubbliche e private.

Nel nuovo progetto pensato per la Fondazione Stelline, Max Papeschi, insieme a Flavia Vago e Michele Ronchetti, si è divertito a giocare sul labile confine tra vero e falso, utilizzando la comunicazione stessa come opera d’arte integrata nella mostra.

«Diffondere il più possibile, attraverso l’arte, la cultura della pace e il rispetto dei diritti umani – sottolinea la curatrice Stefania Morici – è l’obiettivo ambizioso e potente di questo progetto, in un momento storico così complesso in cui assistiamo quotidianamente a scene di guerra e a un massiccio impoverimento culturale. Extinction. Chapter one affronta il tema dell’estinzione della razza umana e dei rischi reali che stiamo correndo, evidenziando i paradossi e la complessità del nostro vivere, i punti deboli delle società moderne. Un incubo collettivo dal quale Papeschi ci esorta a uscire e ribellarci, mettendoci davanti a scenari futuri – conseguenza di quelli attuali – e lanciando un monito sul nostro avvenire. Un invito alla consapevolezza e a un cambio reale di direzione».

 

La mostra curata da Stefania Morici, con la speciale collaborazione di Gianluca Marziani, è organizzata da Fondazione Stelline e Arteventi ed è patrocinata dal Ministero della Cultura, da Regione Lombardia e da Comune di Milano.

Il progetto è realizzato grazie a un network di partner importanti, nato con il supporto di MI Hub Agency e del main sponsor ArTI e con la speciale partnership di Gobbetto Resine e Relco, che hanno realizzato l’allestimento degli spazi. In particolare, i pavimenti in dega carpet misti a sabbie naturali sono stati realizzati da Gobbetto Resine e il light design è stato curato per Relco dall’architetto Michela Viola.

Il progetto di allestimento della mostra è a cura dall’architetto Giovanni Musica dello Studio Mgalab; il design sonoro e la musica sono firmati da Fabrizio Campanelli.

Extinction. Chapter one è quindi il primo capitolo di un progetto più ampio e articolato che a partire da gennaio 2023 si svilupperà in luoghi e tempi diversi.

Ogni capitolo rappresenterà i nuovi dati emersi dal “messaggio terrestre originale”, estrapolati come in uno scavo archeologico digitale e ricreati per essere fruiti dal pubblico alieno, esattamente come succede sul pianeta Terra per lo studio di popoli antichi di cui si hanno poche notizie, come nel caso degli Aztechi, di Mesa Verde o di Creta. Ogni nuovo capitolo rappresenterà, sempre in chiave ironica, uno degli aspetti più assurdi della nostra civiltà.

«Diffondere il più possibile, attraverso l’arte, la cultura della pace e il rispetto dei diritti umani – sottolinea la curatrice Stefania Morici – è l’obiettivo ambizioso e potente di questo progetto, in un momento storico così complesso in cui assistiamo quotidianamente a scene di guerra e a un massiccio impoverimento culturale. Extinction. Chapter one affronta il tema dell’estinzione della razza umana e dei rischi reali che stiamo correndo, evidenziando i paradossi e la complessità del nostro vivere, i punti deboli delle società moderne. Un incubo collettivo dal quale Papeschi ci esorta a uscire e ribellarci, mettendoci davanti a scenari futuri – conseguenza di quelli attuali – e lanciando un monito sul nostro avvenire. Un invito alla consapevolezza e a un cambio reale di direzione».

L’installazione si compone di un esercito di 54 statue alte 1 metro e 80, i cui corpi sono quelli dei fieri guerrieri di terracotta di Xi’an, mentre le teste sono di banali nani da giardino.

Quasi un fermo-immagine in cui si cristallizza questo momento storico, basato su due temi principali: la minaccia della guerra e l’impoverimento della cultura.

Il fatto che il primo ritrovamento della civiltà aliena sia un esercito è emblematico e ci racconta di una civiltà in perenne conflitto.

Gli eventi attuali, oltre a confutare Fukuyama e la sua idea di fine della Storia, proiettano l’ombra lunga del fantasma della Terza guerra mondiale sul nostro pianeta.

Queste antitetiche cariatidi, in cui si mescolano irrimediabilmente “alto” e “basso”, ci ricordano anche un altro tipo di distruzione, quella legata all’impoverimento culturale. “Quando il sole della cultura è basso all’orizzonte, i nani hanno l’aspetto di giganti”, citando Karl Kraus.

In apertura e all’interno, foto di Gianfranco Maggio per Olio Officina

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