I droni per salvare le olive dalla mosca olearia
La bactrocera oleae costituisce una tra le principali e significative minacce per l'olivicoltura. Nella grande contesa tra l’uomo e l’insetto, c’è una grande lotta a chi meglio e più fruisce dei pregiati frutti. L’obiettivo è ridurre le perdite produttive e salvaguardare la sanità del frutto e, di conseguenza, la qualità dell’olio estratto. Che la conduzione sia integrata o biologica poco cambia, ciò che importa è che si ottengano buoni risultati. Il Servizio Fitosanitario della Regione Lombardia sta studiando a tal riguardo l’efficacia dell’utilizzo dei droni
Ci siamo, l’olivicoltura può ora usufruire della moderna tecnologia attraverso il ricorso ai droni, di cui tanto si sente parlare. Ecco allora l’indagine conoscitiva portata avanti dalla Regione Lombardia allo scopo di valutare l’efficacia dell’utilizzo del drone per la protezione della coltura dell’olivo, come pure della vite e del riso. Tale attività tra l’altro non prevede costi diretti per la Regione, per via della collaborazione tra il Servizio Fitosanitario Regionale, la Fondazione Fojanini, il Gal Valsabbia, la Società Agricola Quaglia e l’Aermatica 3D.
Il progetto ha dunque come obiettivo generale la valutazione dell’efficacia dell’uso del droni, ma gli obiettivi specifici riguardano la valutazione dell’applicabilità dei droni in contesti caratterizzati da scarsa accessibilità a persone e mezzi; la valutazione circa la precisione della distribuzione; la valutazione circa l’efficacia dell’intervento; la valutazione dei costi ad ettaro dei trattamenti oggetto di sperimentazione con quelli degli interventi convenzionali; e la quantificazione dell’ammontare dei residui dei prodotti distribuiti con la tecnica oggetto di sperimentazione. La scelta di attuare la sperimentazione è inoltre funzionale all’individuazione di strategie che permettano di ridurre i quantitativi di sostanze attive distribuite e ha anche lo scopo di migliorare la qualità dell’applicazione dei prodotti fitosanitari. Uno studio condotto secondo regole ben precise. Infatti, le attività progettuali sono state sottoposte, nel rispetto della normativa vigente, al Ministero della Salute per le verifiche da parte dei gruppi di esperti e per le relative autorizzazioni. Ogni intervento è preventivamente notificato al Ministero della Salute e alle ATS competenti per territorio.
Caratteristiche tecniche droni DJI Agras T16 e DJI P4 multispectral
DJI Agras T16 è un velivolo a propulsione elettrica con batterie ricaricabili a 6 eliche pieghevoli che si adatta molto bene a tutte le esigenze funzionali e si può impiegare tanto su terreni pianeggianti e collinari quanto in frutteto. Il drone è in grado di irrorare fino a 10 ettari di terreno in un’ora, grazie ad un serbatoio di 16 litri.
Il drone è dotato di quattro pompe ed otto ugelli in grado di raggiungere un ventaglio di spruzzatura ampio fino a 6,5 metri; è dotato di un sistema di spruzzatura a flussimetro con un intervallo che può essere calibrato da 0,5mL/min a 5L/min. L’autonomia massima di volo è di 18 minuti con un peso al decollo di 24,5 Kg.
Il sistema radar di DJI Agras T16 è in grado di rilevare l’ambiente operativo nelle ore sia diurne che notturne, senza risentire delle variazioni di luce. La sicurezza del volo risulta incrementata grazie ai sensori di rilevamento degli ostacoli frontali e sul retro e al campo visivo di 100°.
Il drone è inoltre in grado di rilevare l’angolo di inclinazione di una pendenza e regolare i propri parametri in base alle esigenze.
Con un solo radiocomando è possibile controllare fino a cinque droni contemporaneamente, raddoppiando così l’efficienza dei voli gestiti da un singolo operatore. DJI Agras T16 è in grado di costruire un modello 3D dell’area oggetto di intervento, identificando la presenza e la conformazione degli alberi ed elaborando piani 3D in base alla distribuzione degli alberi e all’altitudine.
Il drone DJI P4 multispectral è invece impiegato per le operazioni di telerilevamento e raccolta di dati, e per la valutazione delle condizioni di salute delle piante.
La sperimentazione sull’olivo
La distribuzione temporale delle sperimentazioni effettuate sull’olivo la si può verificare nel diagramma di Gantt.
La difesa dell’olivo
Vediamo ora, quel che concerne gli aspetti relativi alla pianta dell’olivo e al suo principale parassita: la mosca olearia. Riportiamo, a beneficio dei lettori di Olio Officina, il testo injteghrale dell’analisi del contesto relativa all’olivicoltura lombarda. Si tratta di un settore che secondo i dati Aipol del 2022 occupa una superficie di circa 2300 ettari, concentrati quasi completamente nel territorio dei grandi laghi nelle province di Brescia, Bergamo, Lecco e Como, con una realtà di circa 2000 aziende olivicole.
Ebbene, la presenza dell’olivo in questo contesto geografico – secondo quanto riportato nello studio del Servizio Fitosanitario della Regione Lombardia, rappresenta una peculiarità dell’olivicoltura dell’Italia settentrionale. A queste latitudini l’olivo viene coltivato in una fascia pedoclimatica spesso vicina ai propri limiti fisiologici, sfruttando condizioni microclimatiche particolari, talvolta compromesse dai cambiamenti climatici in corso. A ciò si aggiunge la critica condizione socioeconomica di queste aree, la debolezza delle strutture aziendali (normalmente di piccole dimensioni) e la peculiarità del mercato dell’olio.
Inoltre, nel territorio dei grandi laghi lombardi, l’olivo ha una valenza multifunzionale. Da un lato, la sua presenza garantisce la conservazione del territorio attraverso il mantenimento a coltura di aree terrazzate particolarmente ripide ed anguste. Tali situazioni, caratterizzate da sistemazioni artificiali spesso strutturalmente delicate, difficilmente potrebbero ospitare altre attività agricole economicamente sostenibili e, in caso di abbandono della coltivazione, sarebbero inevitabilmente destinate al dissesto idrogeologico. Dall’altro, conferisce al paesaggio dei laghi di Garda, Como, Iseo e ad altri territori olivicoli della regione un’attrattività turistica unica alla quale è strettamente legata gran parte del mercato enogastronomico locale.
Tuttavia, negli ultimi anni il settore olivicolo lombardo ha subìto una crescente pressione per via del manifestarsi di nuove problematiche fitosanitarie e per la recrudescenza di quelle già note, che nel complesso hanno significativamente compromesso la capacità produttiva del comparto.
Nel 2019 si è registrata una perdita pari al 90% rispetto al triennio 2016-2018. Se nel 2020 la produzione di olive si è attestata intorno alle 5700 tonnellate, il 2021 è risultato un anno ancora più nero con una produzione di sole 1200 tonnellate circa (Aipol, 2022).
Cascola verde (la cui eziologia non è ancora chiara), cimice asiatica (pentatomide dell’ordine Rhyncota) e tignola rodiscorza (Euzophera spp. – piralide dell’ordine Lepidoptera) sono solo alcune delle problematiche fitosanitarie emergenti.
A questi aspetti di natura biotica, si aggiungono anche quelli di natura abiotica quali gli andamenti meteorologici piuttosto anomali delle ultime stagioni accompagnati da forti nevicate invernali e da grandinate estive. Tuttavia, non si possono trascurare tutte quelle problematiche fitosanitarie che storicamente hanno interessato la coltura dell’olivo contribuendo in modo significativo a determinare questo contesto di generale indebolimento e crisi.
La mosca dell’olivo o mosca olearia (Bactrocera oleae – tefritide dell’ordine Diptera) è senza dubbio la principale avversità dell’olivo; si tratta di un pericoloso fitofago presente ormai in tutti gli oliveti italiani inclusi quelli lombardi.
Bactrocera oleae, se non tempestivamente controllata, è in grado di causare seri danni alle produzioni, tanto di natura quantitativa, in virtù del fatto che si ciba della drupa causandone spesso la cascola, quanto di natura qualitativa, avviando processi degradativi dei tessuti vegetali che si traducono nella produzione di un olio più acido della norma, meno conservabile per via dell’elevata percentuale di perossidi e con un aroma completamente compromesso. A questi si aggiungono secondariamente deprezzamenti qualitativi più o meno gravi dovuti all’insediamento di agenti fungini attraverso i fori
di sfarfallamento. I danni sono particolarmente gravi quando le infestazioni avvengono in tarda estate ed in autunno.In seguito alla revoca dell’uso del dimetoato, insetticida storicamente impiegato nella lotta contro B. oleae, la difesa dell’olivo è passata da un approccio di tipo curativo, che aveva come target le larve e le uova di mosca, ad uno di tipo preventivo, che prevede invece l’eliminazione degli adulti per impedire la deposizione delle uova da parte delle femmine.
In tale scenario, le esche insetticide rappresentano senza dubbio una soluzione efficace, economica e sostenibile per l’ambiente. Queste, infatti, hanno un meccanismo di azione del tipo attract and kill: attirano gli adulti di mosca attraverso esche alimentari (proteine e zuccheri) per poi devitalizzarli mediante l’impiego di sostanze attive insetticide prima che possano deporre le uova. Ne sono un esempio le esche miscelate con Spinosad e Ciantraniliprole: l’esca a base di proteine idrolizzate particolarmente appetibili attira gli adulti di mosca che dopo averla ingerita muoiono in poco tempo a causa di una contrazione incontrollata dei muscoli causata dall’insetticida.
Il principale limite di questi prodotti riguarda però la metodologia di applicazione dispendiosa sia dal punto di vista dei costi che in termini di tempo. Le piante, infatti, devono essere irrorate non con atomizzatori classici, ma con speciali apparecchiature o con lance a mano (applicazione a banda negli impianti intensivi o superintensivi; applicazione a macchia negli oliveti tradizionali, con sesto d’impianto ampio), spesso di difficile impiego in aree caratterizzate da terrazzamenti o forti pendenze.
Sebbene in Italia la gestione dell’oliveto sia di tipo tradizionale, negli ultimi anni anche in questo settore si sta lentamente facendo strada l’innovazione. In particolare, in virtù degli ottimi risultati ottenuti dalle sperimentazioni condotte in campo viticolo, l’attenzione si sta rivolgendo sempre più al potenziale impiego dei droni, velivoli senza pilota in grado di volare in maniera autonoma seguendo rotte preimpostate. I droni rappresentano sicuramente il futuro della cosiddetta precision farming o agricoltura di precisione, una strategia volta ad ottimizzare risorse e risultati nella coltura attraverso sistemi di monitoraggio ed analisi. I droni sviluppati per applicazioni agricole sono in grado di trasportare in aria diversi litri di prodotto che viene applicato attraverso degli ugelli posti nella parte inferiore del velivolo stesso. Impostata la rotta, il drone esegue il trattamento esclusivamente in corrispondenza delle piante attraverso l’apertura e la chiusura degli ugelli; il flusso d’aria dall’alto verso il basso generato dalle eliche spinge le goccioline contro la parete fogliare ottimizzando la bagnatura e riducendo la deriva.
I vantaggi legati all’impiego di questa innovativa tecnologia sono molteplici. Innanzitutto, è evidente il risparmio in termini di tempo di applicazione e di manodopera in quanto una volta selezionato il piano di volo e caricato il prodotto da irrorare, il drone è pronto ad operare tanto di giorno quanto di notte riuscendo così a coprire vaste superficie in una sola giornata. Questo è ancor più importante negli impianti realizzati su terrazzamenti oppure in forte pendenza, dove i tradizionali mezzi agricoli non possono arrivare rendendo necessario il ricorso alla lancia manuale. Peraltro, in contesti difficili si avrebbe il vantaggio di ridurre significativamente il rischio di incidenti sul lavoro da parte degli operatori nonché di azzerare o quasi l’esposizione ai prodotti fitosanitari nel corso dei trattamenti. Inoltre, l’impiego dei droni consente di monitorare lo stato fisiologico delle colture consentendo un’ottimizzazione dei consumi idrici (risparmio idrico stimato di circa il 25% rispetto alle tecnologie tradizionali) e dell’utilizzo dei prodotti fitosanitari, evitando così inutili trattamenti e riducendo in modo significativo i costi.
Obiettivi specifici del sottoprogetto
In virtù di quanto descritto, l’obiettivo di questo sottoprogetto è in termini generali quello di sperimentare una strategia di applicazione al contempo efficace ed innovativa per la difesa dalla mosca dell’olivo in alcuni oliveti lombardi che combini l’impiego dei droni e di esche insetticide (autorizzate per l’impiego su olivo).
I risultati ottenuti dalla sperimentazione saranno valutati e confrontati con le strategie tradizionali in termini di efficacia, economicità e fattibilità.
Obiettivi specifici del sottoprogetto sono:
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valutare l’applicabilità dei droni in contesti olivicoli montani, caratterizzati da scarsa
accessibilità a persone e mezzi;
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valutare la precisione della distribuzione localizzata su porzioni di chioma;
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valutare l’efficacia di esche insetticide utilizzate nella difesa contro B. oleae, distribuite con volumi molto ridotti su porzioni di chioma;
valutare e confrontare i costi ad ettaro dei trattamenti oggetto di sperimentazione con quelli degli interventi convenzionali.
Disegno sperimentale
Per la sperimentazione saranno impiegate esche insetticide autorizzate per l’impiego su olivo.In virtù del meccanismo d’azione, la difesa mediante l’impiego di questi prodotti è efficace soltanto quando il trattamento è eseguito su ampie superfici. Superfici minime di circa 1 ettaro e massime di circa 5 ettari possono rappresentare un parcellone di dimensioni adeguate a mettere in evidenza l’efficacia del trattamento stesso. Non è prevista una randomizzazione a blocchi, allo scopo di contenere al minimo eventuali problemi di deriva e di sorvolo di aree non interessate al trattamento. Saranno eventualmente ricavate, all’interno dei parcelloni individuati, aree (split plot) su cui organizzare i rilievi e la valutazione dei risultati. Nelle vicinanze di tale parcellone ne sarà individuato un secondo in condizioni colturali e geografiche confrontabili, in cui sarà eseguito il medesimo trattamento secondo modalità convenzionali (macchine spalleggiate), ovvero interventi a tutta chioma, come da normale protocollo aziendale, secondo modalità convenzionali (macchine ad alto volume). Un terzo parcellone non sarà sottoposto ad alcun intervento fitosanitario, quale confronto con le tre precedenti.Il numero delle applicazioni con i diversi prodotti dipenderà dai dati derivanti dalle attività di monitoraggio delle popolazioni dell’insetto parassita. Pertanto, nella tabella seguente che sintetizza il protocollo, si riporta un intervallo di numero di interventi, sia nel rispetto di quanto previsto in etichetta per il prodotto, sia in relazione all’andamento della popolazione di B. oleae.
Area selezionata per la sperimentazione
L’area presso la quale sarà condotta la sperimentazione fa parte dell’azienda Venturini Paolo di Desenzano del Garda (BS). L’azienda è specializzata in olivicoltura e gestisce tutte le fasi produttive, dalla coltivazione delle piante alla trasformazione delle olive mediante frantoio aziendale, fino al confezionamento dell’olio. L’azienda ha una superficie destinata ad oliveti di oltre 21 ettari di cui quasi 19 iscritti alla produzione di olio a Denominazione di Origine Protetta (DOP) Garda. Le varietà coltivate sono quelle tipiche del panorama gardesano, Casaliva, Leccino, Frantoio e Pendolino. Tutti gli oliveti sono specializzati, allevati a vaso policonico o in conversione verso questa forma di allevamento, posti ad un’altezza compresa fra i 100 ed i 150 metri s.l.m. L’azienda adotta la coltivazione convenzionale seguendo le indicazioni delle buone pratiche agricole.
In particolare, il parcellone oggetto di sperimentazione si trova in località San Pietro (Desenzano del Garda, BS – mappale 247 foglio 48) a sud del centro comunale. Si tratta di un appezzamento con piante orientate prevalentemente sull’asse est-ovest, allevate a vaso policonico e con un sesto di impianto di 6×5 m. Limitrofi a questo parcellone, sono presenti il parcellone in cui sarà eseguito il medesimo trattamento ma secondo modalità convenzionali ed il parcellone testimone che non sarà sottoposto ad alcun intervento fitosanitario (Desenzano del Garda, BS – mappali 67 e76 foglio 48). Nell’area non sono presenti:
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corpi idrici (fiumi, torrenti, invasi naturali o artificiali);
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zone residenziali o edifici di civile abitazione o edifici ad uso produttivo o commerciale;
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strade statali;
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aree aperte al pubblico (es. parchi, …);
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aree con protezione ambientale (es. SIC, ZPS, aree Natura 2000).
Analisi dei risultati
I risultati ottenuti dalla sperimentazione saranno valutati e confrontati con le strategie tradizionali in termini di efficacia, economicità e fattibilità.L’efficacia dei trattamenti sarà valutata mediante il calcolo della percentuale di infestazione presente su un campione di 100 olive prelevato in campo.
Innanzitutto, si procederà all’analisi visiva delle olive al fine di separare quelle che non presentano punture di mosca (putativamente sane) da quelle potenzialmente infestate (con punture o altre sintomatologie). Solo su queste ultime si procederà all’analisi allo stereomicroscopio mediante l’impiego di un bisturi per il sezionamento e l’ispezione. Nel corso dell’analisi si procederà all’identificazione dei diversi stadi presenti: uovo, larva di prima età viva (L1v), larva di prima età morta (L1m), larva di seconda età viva (L2v), larva di seconda età morta (L2m), larva di terza età viva (L3v) e larva di terza età morta (L3m). Nella fase di ispezione delle olive che presentano i segnidell’attacco da parte della mosca occorrerà anche identificare eventuali punture sterili, date unicamente dalla puntura della mosca senza la presenza dell’uovo all’interno.
Le larve di diversa età potranno essere agevolmente riconosciute avvalendosi di un approccio speditivo basato sulla dimensione della larva e sulla forma e dimensione della galleria, come riportato nella tabella che segue.
Durante l’identificazione degli stadi di sviluppo presenti nelle olive infestate, si procederà anche alla distinzione tra infestazione attiva (uova + L1v + L2v) e infestazione dannosa (L3v e L3m, pupe e foro d’uscita). Questa distinzione sarà utile per distinguere gli stadi che è ancora possibile eliminare con il trattamento larvicida (infestazione attiva) da quelli che invece hanno già provocato un danno alla produzione (infestazione dannosa) e sui quali il trattamento non ha più effetto.
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