50 attestazioni di origine possono salvare l’olivicoltura italiana?
Possiamo pur ritenerci felici e soddisfatti, giacché vantiamo ben 42 Dop e 8 Igp olearie, ma, a conti fatti, tutto ciò genera per davvero un’economia reale? Il fattore IG, che sta per Indicazioni geografiche, funziona anche per l’olio extra vergine di oliva? Intanto sono solo 24 i consorzi di tutela sul totale di 50 prodotti certificati, il che suona alquanto anomalo. A parte ciò, resta comunque viva l’importanza e la centralità delle attestazioni di origine
L’olivicoltura italiana non gode di buona salute. Ormai sono decenni di progressivo arretramento, anche se si fa finta di niente e si gioca sui numeri.
Il comunicato stampa diffuso da Origin Italia offre un quadro rasserenante ma non del tutto coerente con il vero stato di salute del comparto oleario. Ecco l’esordio della nota diffusa alle testate giornalistiche.
“Con 456 mila tonnellate di consumo interno (8,2 litri pro-capite) l’Italia è il maggior consumatore di olio extra vergine di oliva. Il nostro Paese è anche il secondo produttore mondiale, con 290 mila tonnellate prodotte nel 2023 e il secondo esportatore con 359 mila tonnellate nel 2022”.
Tali dati sono stati presentati da Ismea a Roma, nella sede del Ministero dell’agricoltura. L’occasione è stata la conferenza promossa da Origin Italia: “Olio extra vergine di oliva: il fattore IG”. I numeri sono da primato, effettivamente: 42 Dop, 8 Igp.
È quanto mai strano, tuttavia, che siano solo 24 i consorzi di tutela riconosciuti dal Ministero dell’agricoltura, con circa 23.500 operatori impiegati nel settore. “Ci auspichiamo che da oggi si possa tracciare un nuovo percorso per l’Olio Evo”, ha sostenuto il presidente di Origin Italia Cesare Baldrighi. “Occorre realizzare nel comparto oleario quanto è stato realizzato in altri settori di successo della Dop Economy”. La domanda da porsi è la seguente: sarà realmente possibile? Passano i decenni ma tutto appare cristallizzato. Si incrementano i numeri delle attestazioni di origine riconosciute ma nulla cambia sugli scaffali: il consumatore non predilige le Dop e le Igp olearie. Sono numeri esigui, diciamo pure insignificanti. Se non fosse per alcune Dop, che vantano un successo reale e non immaginario, il fenomeno generale è deludente.
Si parla di “consolidamento dei consorzi di tutela”. È un buon auspicio, lodevole nelle intenzioni, ma irrealistico. Almeno finché non cambia l’approccio verso le attestazioni di origine Dop e Igp.
Per il ministro Francesco Lollobrigida ci sarebbero “tutte le potenzialità del vino, ma ci stiamo lavorando, a partire dalla lotta contro il nutriscore e poi dal PNRR tante misure per il rilancio del settore, grazie anche a un lavoro di squadra con i consorzi di tutela”.
Passiamo ai contenuti del comunicato stampa diffuso da Origin Italia.
“L’olivicoltura italiana rappresenta un patrimonio inestimabile a partire dagli oltre 1,16 milioni di ettari a olivo coltivati da 619 mila aziende agricole di cui il 61% di meno di un ettaro e 4.352 frantoi attivi. Se nei primi nove mesi del 2023 il volume delle vendite è calato dell’11%, secondo i recenti dati presentati da Ismea, è invece cresciuto il valore: +16%, e in particolare il prezzo medio dell’extra vergine di oliva del +30%. Nel 2023 è sceso anche l’import (-23%) mentre l’export è cresciuto del 7% in valore. I principali consumi di olio si registrano nei Paesi UE, ma negli ultimi anni anche quelli Extra Ue stanno incrementando i consumi”.
Bene, e le IG olearie? Quanto pesano realmente, al di là di questi numeri basati sul totale del settore olivicolo-olerario? Dal 1996 a oggi quanto profitto hanno generato?
Per il direttore generale di Ismea, Maria Chiara Zaganelli, “sono tanti gli strumenti a disposizione per la crescita del settore, soprattutto Dop-Igp, dal PNRR ai fondi dei nuovi piani di Sviluppo Rurale, oltre alle misure legate all’Eco-Schema 3 della PAC e agli interventi settoriali”.
La foto dell’incontro immortala la presenza massiccia di uomini, poche le donne. Nel comunicato stampa si citano solo uomini, i rappresentanti delle associazioni di categoria, in ordine di presentazione: Davide Granieri, presidente di Unaprol, Tommaso Loiodice, presidente di Unapol. Si riferisce anche della presenza di “alcuni consorzi di tutela”: Giorgio Lazzaretti per l’olio Dop Riviera Ligure, Fabrizio Filippi per l’olio Igp Toscana, e Mario Terrasi per l’olio Igp Sicilia. Origin Italia segnala la presenza anche di Martino Giuliano per Italia Olivicola, e di Michelle Sonnessa per l’associazione Città dell’Olio.
Si potrebbe ripartire dalle donne, per rilanciare l’olivicoltura italiana, e con essa le ininfluenti (sul piano commerciale, s’intende) Dop e Igp olearie.
Che ne pensate?
In apertura, foto di Lorenzo Cerretani
Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui
Commenta la notizia
Devi essere connesso per inviare un commento.