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Il turismo dell’olio in Nord America

È un’esperienza relativamente nuova negli Stati Uniti. In California, ma anche in Florida, Georgia, Texas, Arizona e Oregon vi sono strutture dedicate. La maggior parte delle destinazioni opera in modo indipendente, nel tentativo di attirare un flusso costante di clienti, il che rappresenta una vera sfida dato il basso tasso di consumo di olio d’oliva dell’America rispetto al Mediterraneo

Nicholas Coleman

Il turismo dell’olio in Nord America

In questi giorni l’olio da olive è sulla bocca di molte persone, in senso letterale e figurato. L’olio extra vergine di oliva è un grasso unico perché ottenuto direttamente dal frutto, l’oliva, con tutta la bontà che ne deriva, per la qualità della sua componente grassa in cui sono dominanti gli acidi grassi monoinsaturi.

Per migliaia di anni è stato la spina dorsale di una sana dieta mediterranea, ben prima che la scienza ne spiegasse il motivo. È davvero il succo grasso definitivo…

Esistono numerosi modi per informarsi su questo olio così affascinante e sempre più popolare, ma c’è un modo alquanto singolare per farlo: il turismo.

Proprio così, l’oleoturismo, questa esperienza comune in tutto il Mediterraneo, ma relativamente nuova negli Stati Uniti d’America, offre l’opportunità di conoscere quei frutti così unici quali sono le olive, e verificare in prima persona i metodi di estrazione necessari per ricavare l’olio extra vergine di oliva, andando così ad esplorare nel dettaglio tutti gli oli dei vari territori, fino a interpretarli in modo comprendere come questi ne influenzino l’impiego in cucina.

Per produrre l’olio vengono utilizzate centinaia di diverse cultivar di olivo. Il modo migliore per abbinare tali oli alle differenti preparazioni gastronomiche richiede la comprensione delle loro rispettive peculiarità individuali.

In California operano circa cinquanta destinazioni turistiche finalizzate all’olivo e all’olio, la maggior parte delle quali situate nelle aree costiere e della Sierra Foothill, con altre nella Central Valley e nella Coachella Desert Valley. Anche in Florida, Georgia, Texas, Arizona e Oregon vi sono strutture per il turismo dell’olio, seppure rispetto alla California tali offerte siano piuttosto ristrette. Il coordinamento dell’offerta turistica è comunque limitato.

La maggior parte delle destinazioni opera in modo indipendente, nel tentativo di attirare un flusso costante di clienti, il che rappresenta una vera sfida dato il basso tasso di consumo di olio d’oliva dell’America rispetto al Mediterraneo.

L’americano medio consuma ogni anno circa un litro di olio d’oliva, rispetto ai dodici litri degli italiani e ai più di venti dei greci.

Dal momento che la produzione di uva è finanziariamente più redditizia rispetto a quella delle olive, molte aziende vinicole si limitano a coltivare olivi su piccola scala, vendendo l’olio quale “componente aggiuntivo” attraverso i propri wine club. Guadagnano con il vino, mentre con l’olio integrano le loro offerte.

Così, dato l’elevato costo dei terreni e della manodopera della California, la produzione di olio da olive è costosa rispetto alle altre regioni olivicole del mondo. Realizzare un profitto con le olive raccolte a mano per la produzione di olio Evo di fascia alta è economicamente impegnativo.

Durante l’olivagione alcune aziende produttrici di solo olio extra vergine di oliva offrono tour per gli appassionati, che includono passeggiate nell’oliveto e momenti di apprendimento in loco a opera di olivicoltori e frantoiani. I partecipanti assistono alla miracolosa trasformazione delle olive in olio, ne colgono tutta bontà al massimo della freschezza nel vivo delle operazioni di raccolta.

Lucero, Gold Ridge Organic Farms e McEvoy Ranch sono solo alcuni dei luoghi dotati di oliveti e frantoi attraverso i quali offrire un’esperienza quanto più completa possibile. La maggior parte dei produttori, tuttavia, dispone semplicemente di sale di degustazione e vendita dell’olio, ma senza proporre una vera e propria offerta turistica attorno al processo di produzione.

Va precisato che la forma più coinvolgente di turismo dell’olio incoraggia la degustazione di olio Evo estremamente fresco in purezza, da apprezzare indipendentemente dal cibo, nonché in combinazione con le varie preparazioni culinarie.

Quest’ultima parte è fondamentale, perché l’olio extra vergine di oliva combinato con altri cibi sani e integrali massimizza le sue proprietà di esaltazione del sapore e i conseguenti benefici per la salute. L’olio extra vergine di oliva rallenta la digestione, fornendo all’intestino più tempo per assorbire efficacemente i preziosi nutrienti liposolubili presenti in altri ingredienti.

Alcuni apprendono del turismo dell’olio attraverso il passaparola, mentre altri ne vengono a conoscenza tramite Trip Advisor, Visit California, Woofing, Visit Yolo County, Travel Paso, o la Olive Oil Heaven Guide, che presenta una utile connessione con gli olivicoltori. L’esistenza di questa guida da sola mostra le prospettive del settore dell’olio da olive della California rispetto ad altri stati.

Il turismo dell’olio fa entrare nel vivo della realtà ciascun fruitore di un simile servizio, mostrando al meglio a tutti come gli oli possano variare notevolmente nel loro carattere da regione a regione, anche se in realtà pure da una stagione all’altra possono esserci spesso differenze evidenti finanche all’interno dello stesso uliveto.

Come il vino, anche gli oli da olive non sono uguali.

I fattori chiave includono l’età e la salute degli alberi, le cultivar di olivo, i tempi e le modalità di raccolta, quindi terreno, condizioni meteorologiche, altitudine, rapidità con cui vengono trasportate le olive appena raccolte dall’albero fino al frantoio e, soprattutto, così come per la vinificazione, è fondamentale l’abilità e l’impegno del custode dell’oliveto.

È possibile approfondire il tema dell’oleoturismo – a partire dall’importanza di una adeguata formazione degli operatori fino a esempi aziendali virtuosi – attraverso il numero 17 di OOF Magazine, acquistabile direttamente dal nostro sito cliccando QUI.  

Nicholas Coleman

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