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L’Umbria ha tutte le carte in regola per essere un laboratorio di oleoturismo

Alla dodicesima edizione di Olio Officina Festival molti interventi hanno fatto luce sul concetto di turismo dell’olio, tema più che mai attuale. A parlare dell’importante progetto Strada dell’olio Dop Umbria, un evento costruito su misura per dare valore a un prodotto e alla sua certificazione, è stato il presidente, Paolo Morbidoni

Chiara Di Modugno

L’Umbria ha tutte le carte in regola per essere un laboratorio di oleoturismo

Le possibilità che può offrire l’oleoturismo sono numerose e disparate, capaci di apportare benefici all’intero territorio e quindi non solo alle aziende produttrici e ai frantoi. Si tratta di un nuovo modo di concepire l’extra vergine, rivalutandolo e esaltando le potenzialità che lo caratterizzano.

In molti comuni italiani si sta iniziando a prendere in considerazione questo percorso, che può essere raccontato e proposto in modalità differenti: ogni luogo ha una propria tipicità, una identità che l’ha definito e che ha definito gli stessi abitanti. Unire questi elementi può essere un passo decisivo e, come ha raccontato Paolo Morbidoni, presidente della Strada dell’olio Dop Umbria, bisogna iniziare a coinvolgere anche tutte quelle realtà affini al mondo dell’olio.

Paolo Morbidoni

«In Umbria si fa oleoturismo da venticinque anni – spiega il presidente Paolo Morbidoni – e siamo mossi da una filosofia ben precisa, che punta a restituire valore a un prodotto che, spesso, è stato considerato un complemento. Ciò che sostengo, invece, è che ci sono tutte le condizioni oggi per valorizzare l’olio e restituirgli un protagonismo che è andato perso, e per quanto la produzione di extra vergine umbro sia limitata – si tratta del 2% su quella nazionale – dal punto di vista reputazionale è una regione molto considerata».

Ecco, quindi, che bisogna guardare a un’ottica e a un lavoro comune per non disperdere questo patrimonio, fatto soprattutto di tanta consapevolezza, e implementarlo grazie a una serie di attività che stanno sempre più acquisendo spazio e interesse.

Questo “sistema Umbria”, se lavora insieme, porta a risultati davvero eccellenti, ricorda Morbidoni.

Il segretario generale della Camera di Commercio della Regione, Federico Sisti, negli anni ha avuto, e continua ad avere, un ruolo importantissimo nella promozione dell’extra vergine ed è il soggetto che, insieme a Unioncamere nazionale, ha indetto uno dei premi più significativi per le produzioni olearie, l’Ercole olivario.

Tornando, invece, alla Strada dell’olio Dop Umbria, bisogna ricordare che si tratta sicuramente di una delle poche “strade” che ci sono in Italia, a differenza di tutte quelle dedicate al vino.

«La strada regionale dell’Umbria è una delle poche strade operative e in questi anni ha intrapreso un percorso di qualificazione davvero importante e, inoltre, è stata la prima Strada dell’olio regionale a livello nazionale, partita nel 2004: quasi vent’anni fa. Lo scorso anno, nel 2022, è stata anche premiata come migliore esperienza oleoturistica d’Italia al concorso nazionale dedicato al turismo dell’olio e non ci siamo fermati neanche nel periodo pandemico – racconta il presidente – Abbiamo infatti creato un format di “Frantoi Aperti” basato su delle web stories e divulgato i contenuti anche in un momento difficile e complicato, con la consapevolezza che le nostre aziende, malgrado le persone non si spostavano, erano comunque in attività e stavano producendo il loro extra vergine. La Strada dell’olio è sicuramente una realtà bella e affascinante quanto complessa, che però ha saputo costruire nel corso degli anni una rete di eccellenze strutturata, all’interno della quale vi sono dentro tutte le principali realtà territoriali comuni che fanno dell’olio una attività di vocazione, così come le principali aziende olivicole-olearie».

Da dove partire per inquadrare l’oleoturismo

Si tratta di un fatto relativamente recente, ma è anche conseguenza di quelle che Paolo Morbidoni definisce “due rivoluzioni copernicane dell’olio”.

«La prima – spiega – è quella tecnologica avvenuta vent’anni fa: con il passaggio da un sistema tradizionale di produzione a sistemi moderni si è iniziato a parlare di biodiversità, di aspetti funzionali legati all’olio, ed è stato possibile differenziare gli oli in modo estremamente significativo in base alle caratteristiche varietali. Ma la seconda rivoluzione, quella più importante, quella che a me interessa come soggetto promotore di esperienze turistiche, è proprio la trasformazione di un prodotto da alimento a prodotto culturale. L’olio, per me, è questo, è una chiave di lettura, è uno strumento per aiutare le persone a fare esperienze uniche e irripetibili. L’autenticità è un elemento determinante, non ci possiamo permettere di replicare esperienze fatte da altri o di riprodurre esperienze che siano facilmente riproponibili in più realtà, tante sono le specificità che ci caratterizzano, e questo è il nostro valore aggiunto».

Sicuramente, il sentiment stesso delle persone verso l’olio sta cambiando. Un esempio è lo stesso Oleato proposto da Starbucks, una bevanda a base di latte vegetale, caffè e olio extra vergine siciliano, voluta dall’amministratore delegato del colosso americano. Sono tanti piccoli ma significativi passi che aiutano a scoprire il lato edonistico dell’extra vergine.

Un aspetto che non si può trascurare quando si svolgono attività di comunicazione e di narrazione di un prodotto sono le immagini scelte. Così, uno degli elementi che ha maggiormente caratterizzato la Strada dell’olio Dop Umbria fin dall’inizio è stato il contributo di fotografi professionali che hanno saputo raccontare al meglio sia l’evento sia i volti di tutti i produttori che ne hanno preso parte.

«Attraverso queste immagini non dobbiamo solo lanciare un messaggio che ci interessa – spiega Morbidoni – Guardando infatti le foto delle ultime edizioni di “Frantoi Aperti” non si trova mai la bruschetta con l’olio versato. Ciò che si vedranno sono le immagini di giovani innamorati dentro un uliveto, una foto di una mamma con un bambino per segnalare proprio questa evoluzione, questa crescita e cambiamento. Dobbiamo individuare nuovi target e quindi uscire dall’ambito degli “OilLover” perché l’olio deve poter raggiungere persone nuove e questi eventi sono pensati per intercettare comunità di interessi che siano esterni a tale mondo. Per far avvicinare a queste iniziative tutta una serie di realtà contigue, sono nati degli spin-off proprio dentro “Frantoi Aperti”, di arte contemporanea, di fumetto, per cercare di far avvicinare persone culturalmente predisposte ad apprezzare un mondo come l’olio di oliva».

Dalla passione per l’olio ad attività istituzionale

Ma tutta questa passione per l’olio – più che comprensibile e condivisa – da dove può avere origine? A volte l’ambiente in cui si cresce è determinante, altre ancora l’incontro avviene in età adulta. Questo è quello che è successo al presidente Morbidoni, che ha portato sul palco di Olio Officina Festival la sua esperienza.

«Nella mia precedente vita ho fatto anche il sindaco di un piccolo comune ad alta vocazione olivicola, dove c’era una varietà di olivo, San Felice, che era praticamente semisconosciuta e in stato di abbandono. È stato così intrapreso un percorso, partendo dallo studio della varietà, per andare a comprenderne a fondo l’origine. Abbiamo trovato una contiguità e una vicinanza genetica con una varietà pescarese che si chiama Dritta ed è più conosciuta, poi però si è adattata a quel contesto e ha preso il nome di San Felice, come l’Abbazia attorno alla quale è stata trovata, ed è un collegamento straordinario da un punto di vista culturale. Il primo a fare questo monocultivar è stato proprio il comune, mentre oggi le aziende produttrici sono circa dodici. Questa passione è poi diventata una vera e propria attività istituzionale e, con la collaborazione di più realtà, è nato il marchio Umbria Evoo Ambassador per coinvolgere la rete di ristorazione di qualità della nostra regione, ad oggi composta da trentadue ristoranti che si sono impegnati ad avere almeno tre oli del territorio rappresentativi dell’Umbria. Molti frantoi storici hanno adibito a bistrot e a locali alcuni loro spazi, dove la parte di accoglienza è molto più grande della parte produttiva. L’Umbria, per tante ragioni, per la rete dei ristoranti, per il fatto di avere una Strada regionale, per il fatto di avere una Dop, quindi la certificazione di prodotto e di territorio, può essere veramente un laboratorio di oleoturismo».

Paolo Morbidoni

La Federazione Strade del vino, dell’olio e dei sapori è stata costituita come un’esigenza, prima della pandemia, per relazionarsi con i decisori politici.

«Questo perché anche laddove sono esperienze straordinarie – spiega Morbidoni – hanno una valenza e un ambito prettamente locale. Si occupano di organizzare l’accoglienza del turismo del vino dell’olio nei territori; quindi, hanno spesso poca voce nazionale e sappiamo quando sia importante oggi invece ribadire un concetto, soprattutto in un momento in cui ci sono magari anche risorse importanti da spendere, ma bisogna decidere dove indirizzarle. Io sostengo da sempre che le Strade del vino, le Strade dell’olio, non sono progetti dalla valenza esclusivamente locale: ricordo sempre che la prima Strada del vino nel mondo è nata in Germania, e non in Italia, la seconda è nata in Francia ma parliamo del 1937 e del 1950, cioè in tempi non sospetti, magari anche con altri obiettivi e altre esigenze Però, sicuramente, quello che possiamo dire oggi, è che bisogna investire sulle Strade del vino dell’olio: c’è bisogno di una politica nazionale che si riappropri di questo ruolo».

La Strada dell’olio Dop Umbria è la dimostrazione di una riuscita perfetta, di un obiettivo raggiunto; quindi, propositi iniziali e investimenti da parte del territorio e il successo che parla con i fatti. Però, molte Strade dell’olio, del cibo, dei sapori o di quant’altro non funzionano, parlando in termini oggettivi.

Un problema per la mancata riuscita è legato proprio alle reti.

«Costruire le reti è facile – spiega il presidente – mantenerle, renderle solide, è una cosa molto più complicata. Viviamo, purtroppo, una fase storica legata molto alle mode per cui ci si appassiona spesso nel costruire contenitori magari senza analizzare in maniera critica quello che è stato fatto prima. Diversi anni fa, l’Italia si era data una legge sulle Strade del vino e poi si è allargata la possibilità di fare anche le Strade dei sapori, ed è stata sicuramente tra i primi Paesi europei a seguire questa visione. Era partita, come avviene in tante situazioni, con una grande e felice intuizione perché in quegli anni, più di venti anni fa, si ragionava in una logica di pubblico – privato, quindi mettendo insieme le migliori esperienze dei territori e le migliori esperienze delle aziende. Poi purtroppo questa spinta propulsiva si è un po’ persa, e quindi è prevalsa la logica legata alla capacità dei singoli e la capacità dei territori. Quando partì la spinta per costruire la Strada dell’olio, nacquero in Umbria tre comitati promotori; quindi, se fosse passato il principio della ulteriore frammentazione, dando vita a una Strada dell’olio per ogni sottozona, con le difficoltà che ha ancora il comparto olivicolo oggi, le cinque Strade pensate inizialmente sarebbero sicuramente morte. La Strada dell’olio si è consolidata negli anni anche perché è riuscita a costruire una massa critica e a rappresentare un territorio in qualche modo omogeneo, soprattutto identificabile, e credo che questo sia un elemento importantissimo. Poi, chiaramente, bisogna investire sulle reti che hanno un senso e le Strade del vino e dell’olio hanno un senso per le ragioni che dicevo prima, perché sono un brand internazionale: se vogliamo fare un turismo che si rivolge a un certo tipo di mercato dobbiamo fare delle scelte, e questa è la cosa che stiamo cercando di dire».

Foto Paolo Morbidoni di Gianfranco Maggio per Olio Officina©; si ringrazia per le altre foto, all’interno e in apertura, ADD Comunicazione

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