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Uno sguardo completo sulla difficile situazione normativa degli extra vergini

Temi così delicati richiedono l’intervento di figure appartenenti a più ambiti disciplinari che affrontano quotidianamente questi aspetti. In particolare, il combattuto tema degli steroli non ha ancora trovato una soluzione definitiva. Le importanti testimonianze di Lanfranco Conte, alla dodicesima edizione di Olio Officina Festival

Olio Officina

Uno sguardo completo sulla difficile situazione normativa degli extra vergini

Chi non lavora con l’olio extra vergine di oliva, in qualità di produttore o di qualsiasi altra figura professionale che si occupi dei numerosi aspetti che precedono l’imbottigliamento, probabilmente ignora quanto sia difficile e complicato fornire spiegazioni davanti alle autorità di controllo quando ci si imbatte nei risultati delle analisi in cui, alcuni valori, sono superiori o minori rispetto ai limiti imposti dalla legge.

A Olio Officina Festival, in un ricco dialogo animato da Lanfranco Conte, presidente Società italiana per lo studio delle Sostanze Grasse, Dora Desantis, responsabile qualità Agridè e da Valentina Cardone del laboratorio di analisi Chemiservice, di cui vi riporteremo gli interventi nella parte che seguirà, si è affrontato l’ampio tema delle norme relative a questo prodotto, dal titolo La normativa sugli oli da olive. Una biblioteca di Babele?

In particolar modo, l’attenzione è ricaduta sugli steroli, componenti minori presenti in tutti gli oli e grassi vegetali. Hanno una loro via di biosintesi diversa da quella degli acidi grassi e ciò è importante perché quando il miglioramento genetico ha modificato la composizione acidica di alcuni oli, gli steroli non sono stati toccati e ciò li ha fatti considerare l’impronta digitale degli oli, spiega il professor Conte.

Ma facciamo un passo indietro e inquadriamo con le parole di Lanfranco Conte quello che è il contesto in cui si muove l’extra vergine.

«Gli oli sono e sono stati soggetti a varie fonti normative: nazionali, comunitarie e mondiali. Come è noto, le normative comunitarie sono divise in regolamenti e direttive i primi hanno valore di legge (quindi cogenti) per tutti i Paesi membri della Ue, mentre la Norma commerciale del Consiglio Oleicolo Internazionale (Coi) è di riferimento per tutti i Paesi membri di questa organizzazione (la Ue è membro) ed infine a livello mondiale vale lo Standard del Codex Alimentarius, emanazione della Fao/Oms e che è testo di riferimento per la World trade organization. Tanti sono gli interessi che entrano in gioco, visto anche il numero elevato di attori in questo comparto, che, inevitabilmente, quanto imposto non possa essere uguale per tutti ma ci siano delle differenze più o meno nette in termini di applicazione. Mi preme sottolineare che il regolamento CEE 2568 del ’91 non esiste più ed è stato abrogato nell’agosto 2022 e sostituito da due regolamenti. Con l’agenda di Lisbona, i regolamenti si sdoppiano e quindi ci troviamo ad avere un regolamento di esecuzione e uno delegato, e ciò significa che osservano una gerarchia diversa».

In ambito Ue, la grande differenza tra i nuovi regolamenti e il 2568/91 è che non vengono più riportati i testi dei metodi analitici, ma viene riportata una tabella in cui specifica quali sono i metodi Coi da osservare quando si devono svolgere determinate analisi; i metodi Coi, a differenza dei metodi CEE del Reg 2568/91 riportano i relativi dati di affidabilità e ciò è un aiuto in regime di accreditamento dei laboratori di controllo.

Inquadrato brevemente, con poche ma utili informazioni, il contesto in cui ci si muove attualmente, possiamo riportare l’attenzione sugli steroli la cui composizione quali – quantitativa consente di rilevare se quello che si sta analizzando è oppure non è un olio da olive. Il professor Conte spiega che negli anni i problemi riscontrati per i diversi limiti sono stati tanti, ricordando che due steroli in particolare, il Campesterolo e il Delta 7stigmastenolo in alcune aree eccedevano i limiti di legge.

«Abbiamo così deciso di presentare il problema al Coi, che ha costituito un gruppo di lavoro in cui io, afferma Conte, e il professor Maurizio Servili sostenevamo che occorresse partire dalle olive per effettuare questo tipo di controlli, ma venne obbiettato che questa procedura sarebbe risultata estremamente costosa. Se questa non poteva essere la soluzione, è chiaro che occorresse un’alternativa: si è quindi deciso di chiedere ai Paesi che segnalavano anomalie compositive di inviare al Coi tre campioni di olio, due dei quali venivano analizzati da altri due laboratori scelti tra quelli riconosciuti dal Coi per verificare la reale sussistenza di tale anomalia. Si è quindi deciso di redigere un albero decisionale in cui viene permesso a quel dato parametro di eccedere verso l’alto e verso il basso, ma dall’altra parte vengono ristretti i limiti di altri parametri di purezza, perché quello di cui si sta parlando è la purezza e non la qualità dell’extra vergine».

Essere consapevoli non solo dello stato attuale delle cose, ma di come si è arrivati ad alcune decisioni rispetto ad altre, è fondamentale per inquadrare al meglio il lungo lavoro svolto in questi anni, quando numerose figure hanno deciso di portare all’attenzione il problema degli steroli alle autorità competenti.

«In un documento del 2005 della Commissione tecnica italiana – un’emanazione del Ministero dell’Industria che ha stilato il 90% dei metodi di analisi che si usano oggi a livello comunitario – tra i vari parametri c’è anche il contenuto totale di steroli – prosegue Conte – Questo perché qualche anno prima dell’emanazione del regolamento 2568 del ’91, vennero pubblicate le evidenze scientifiche di oli di importazione che avevano l’assorbimento ultravioletto di olio extra vergine di oliva ma che di fatto non lo erano. Si tratta di un lavoro del 1985 che mise in evidenza in questi oli la determinazione dei trans isomeri degli acidi grassi, una osservazione accessoria fu che questi oli avevano pochissimi steroli. Anni dopo, Mariani pubblica un lavoro sugli oli desterolati, quindi oli di girasole con l’80% di oleico, privati di una parte degli steroli. In seguito vennero sviluppati ed adottati altri metodi: nel 1993 i Colleghi di Siviglia riconsiderarono le osservazioni del 1970 di un chimico polacco e ciò portò allo sviluppo ed adozione del metodo per la determinazione degli stigmastadieni, molecole che si formano per disidratazione degli steroli, venne inoltre proposto ed adottato nel 1995 il metodo per la valutazione del delta ECN42, basato sullo studio della struttura dei trigliceridi perché con gli stessi acidi grassi se a sintetizzare il trigliceride è il tessuto del seme o viceversa, il tessuto del frutto, essendo tessuti diversi come origine, uno materno il frutto, l’altro paterno il seme, formano trigliceridi diversi».

Negli anni, si è scoperto che alcune varietà, come la Coratina, presentavano un contenuto di steroli basso, inferiore ai 1000 mg/kg.

«Ci si è confrontati – spiega Conte – per capire se abbassare quei limiti senza rischio di frode fosse ragionevole. Ancora oggi, nonostante siano tantissimi anni che è stato portato alla luce il problema, non è ancora stato trovata una soluzione determinante e attualmente le dogane, quando classificano i prodotti, se l’olio non rientra in alcuni parametri, lo indicano come altro olio, anche non alimentare. Dal 91 ad oggi, sono tanti gli aspetti che hanno subito delle modifiche in questo settore. Si è anticipata la raccolta, sono nati i monovarietali e le Dop e Igp: il mondo cambia e si evolve, occorre quindi tenere conto di questo, di tali modifiche all’interno della filiera e delle composizioni differenti degli extra vergini che non sono più le medesima di trent’anni fa».

Di fronte a tempistiche molto lunghe, caratterizzate da numerosi step e distanti in termini temporali tra di loro, serve continuare a lavorare per far sì che le aziende possano commercializzare i propri extra vergini, alcuni qualitativamente eccellenti, senza trovarsi in situazioni delicate che non ne permettano la vendita.

In apertura, foto di Olio Officina©

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