Olivo Matto

Cosa ci insegna la morte del patron di Esselunga Caprotti

Luigi Caricato

La sua scomparsa prima o poi sarebbe arrivata. Avrebbe compiuto 91 anni il 7 ottobre, ma Bernardo Caprotti, il fondatore di Esselunga, è morto prima, venerdi 30 settembre. Nella sua Milano, nella città che lo ha reso celebre e da cui tutto è partito. Il grande progetto di una insegna della Gdo che ha fatto la storia del Paese è un progetto vincente, da tutti universalmente riconosciuto perché ineguagliato. Esselunga d’altra parte è la più famosa, apprezzata e prestigiosa catena della grande distribuzione presente in Italia. Anche i suoi detrattori lo riconoscono, motivo per il quale lo hanno ostacolato e avversato con tutti i mezzi possibili. Pur non investendo l’intero territorio, resta suo il primato, perché per tutti l’Esselunga è il vero supermercato, dove ci si sente di casa.

Sarò forse di parte, ma Bernardo Caprotti per me resta l’esempio concreto e tangibile dell’imprenditore illuminato, persona estremamente lucida, proiettata sempre in avanti, dotata di inventiva, ed estremamente capace nell’imporsi con successo con la sola forza delle idee e della determinazione.

Caprotti non ho mai avuto modo di conoscerlo di persona, ma me lo sono immaginato sempre come una figura tutta d’un pezzo, e pertanto presenza rara e inusuale, in una Italia che si va continuamente sfaldando in continuazione.

Se la politica non lo avesse ostacolato, soprattutto in alcune regioni del centro Italia, con amminsitratori pubblici legati corpo e anima a strutture parallele, avremmo di certo avuto una Esselunga ancora più vincente, a pieno beneficio dei consumatori.

Tutte le altre catene commerciali, anche se, soprattutto quelle estere, cui ci si è concessi come dei servi, sono mille passi indietro. Caprotti, e con lui tutto il mondo Esselunga, ha portato avanti una idea di suopermercato a misura di consumatore, senza venir meno al valore cardine sul quale si fonda un’impresa: il profitto.

La sua morte, per l’età che aveva, prima o poi sarebbe arrivata. Tutto finisce, la speranza, tuttavia, è che non abbia fine quel grande progetto realizzato con grande coraggio e professionalità. I supermercati sono sempre stati concepiti come luoghi in cui il consumatore è solo un cliente. Caprotti è riuscito nell’intento – a mio parere fortemente voluto – di realizzato il supermercato ideale, un luogo in cui i clienti, in qualsiasi punto vendita, si sentano come a casa, parte della stessa famiglia.

Non sappiamo quel che accadrà, si spera soltanto che non si sfaldi il progetto, visto che tutto faceva perno sulla figura di Caprotti. Da parte dei suoi familiari non c’è un clima sereno, viste le storiche tensioni di cui tutti sappiamo. Qualcosa comunque accadrà. La scelta dei dirigenti mi sembra sia stata sempre adeguata, e credo che tutto possa proseguire nello spirito e nello stile del fondatore.

Al di là di tutto, pur nella preoccupazione di quanto può accadere, c’è in ogni caso una grande lezione che Bernardo Caprotti ci ha lasciato. Se si hanno buone idee, e contenuti solidi su cui puntare, e nondimeno se c’è la necessaria determinazione, si possono sempre conseguire grandi risultati, anche muovendosi da soli.

Caprotti non è stato sostenuto dalla politica, e nemmeno le stesse imprese italiane lo hanno aiutato, mentre sono stati stesi tappeti rossi per altre insegne. Senza trascurare i grandi inchini, in segno di assoluta riverenza, verso le catene estere, ispirati da una logica, tutta italiana, di favorire gli stranieri, pur di frenare nella sua avanzata un italiano troppo libero e per giunta non allineato.

La scomparsa di Caprotti ci lascia comunque la speranza che l’Italia, se proprio lo desidera, può risollevarsi in qualsiasi momento dalla crisi in cui versa, nonostante l’inettitudine della classe politica e di molte imprese.

Spero che Esselunga resti il gioiello che conosciamo; e se dovesse passare in mani non italiane, non c’è alcun motivo di preoccuparsi, purché non si snaturi la sua essenza fondante.

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