Anteprima

La sostenibilità? È il principio guida per un nuovo comparto oleario

Nonostante l’extra vergine sia di per sé un prodotto sostenibile, occorre tuttavia guardare a tutte le varie sfaccettature: c’è la sostenibilità economica e sociale, ad esempio. Oggi le aziende devono raccontare il proprio operato, ma non solo attraverso il bilancio di sostenibilità, con il quale si impegnano a ricoprire tutti gli obiettivi previsti, ma attraverso azioni concrete. Tutto è fattibile, perché le aziende hanno gli strumenti per poterlo fare. Ad affrontare un tema così complesso e tanto attuale, Chiara Coricelli, amministratore delegato e presidente della Pietro Coricelli Spa, e Francesco Lenoci, docente di metodologie e determinazioni quantitative d'azienda presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Chiara Di Modugno

La sostenibilità? È il principio guida per un nuovo comparto oleario

Ricordate lo scorso novembre, anno 2022, quando eravamo impegnati con il ciclo di incontri Dialoghi sulla sostenibilità? Organizzati da Olio Officina nell’ambito del Simei, la più importante manifestazione dedicata ai macchinari del settore olivicolo e enologico, sono stati incontri utili per tracciare le prospettive future, prendere in esame le pratiche innovative e prendere in considerazione i bilanci.

In uno degli incontri, Chiara Coricelli, amministratore delegato e oggi anche presidente della Pietro Coricelli Spa, insieme con Francesco Lenoci, docente di metodologie e determinazioni quantitative d’azienda presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano hanno portato le proprie esperienze attraverso contenuti mirati e aspetti specifici di questo immenso tema chiamato sostenibilità.

«Questa è una opportunità meravigliosa per parlare di uno dei temi che più mi stanno a cuore – racconta Chiara Coricelli – anche se penso che la parola “sostenibilità” sia davvero abusata. Nel settore oleario spesso la sostenibilità è interpretata in modo superficiale, perché, nonostante l’extra vergine sia di per sé un prodotto sostenibile, occorre guardare a tutte le sfaccettature che la corredano: la sostenibilità economica e sociale, ad esempio. Oggi le aziende devono raccontare il proprio operato, ma non solo attraverso il bilancio di sostenibilità in cui si impegnano a ricoprire tutti gli obiettivi previsti, ma attraverso azioni concrete e le aziende hanno gli strumenti per poterlo fare. Hanno progettualità per poter essere trasparenti nei confronti del consumatore, sostenibili nei confronti della filiera da approvvigionamento, possono essere trasparenti e sostenibili nei confronti degli stakeholder; quindi, raccontarsi in maniera totalmente aperta chi sono, come operano e cosa fanno. Questa può essere la teoria, mentre per la pratica c’è ancora molto su cui lavorare, soprattutto perché c’è molto greenwashing, c’è un desiderio di accorpamento quando invece la sostenibilità dovrebbe prevedere, a mio giudizio, una giusta redistribuzioni degli incarichi per la valorizzazione dell’intera filiera. Ciò significa non sostituirsi ad altri attori della filiera ma trovare insieme il modo per riuscire a dare valore a tutti gli attori e questo dovrebbe essere il vero percorso virtuoso che le aziende possono concretizzare per portare l’olio a essere davvero sostenibile».

Chiara Coricelli

Recentemente, la storica casa olearia spoletina ha presentato il Report integrato Esg, e per riprendere le parole dell’amministratore delegato «siamo partiti con la presentazione del bilancio con un report integrato, non un bilancio di sostenibilità, perché sono due cose inscindibili. I numeri dell’azienda non possono prescindere dalla sua identità, e l’identità è fatta di persone, informazioni, di responsabilità e vanno raccontate in un unico documento che misura e pone degli obiettivi».

Quindi, il rapporto integrato e il bilancio di sostenibilità non sono lo stesso documento. A far chiarezza è il professor Lenoci, affermando che «il rapporto integrato è l’evoluzione del bilancio di sostenibilità. A mio avviso, ha una valenza superiore perché è proiettato sul futuro, mentre il bilancio finanziario ha per definizione l’errore di essere proiettato sul passato; il bilancio di sostenibilità è anche proiettato sul futuro nel senso che bisogna stilare gli obiettivi prossimi e il bilancio integrato si può riassumere con “spiegami le ragioni per cui devo investire su di te adesso, quali sono gli scopi prefissati”. Così, è completamente concentrato sui progetti del domani e quindi il bilancio integrato non fa riferimenti a ciò che è stato apportato all’azienda nel passato, ed è un errore quello di far luce su aspetti conclusi. Maggiore valenza è apportata da un discorso prettamente tecnico. Di solito, si parla di alcuni capitali -umano, organizzativo, relazionale – mentre nell’integrato i capitali sono sei e tutto il business model va declinato sulla base di ognuno. I sei capitali sono la fonte dell’azienda: a partire da quelli si sviluppa il business model e si arriva a determinati obiettivi».

Le piccole aziende possono ugualmente guardare alla realizzazione di questo documento, sicuramente appoggiandosi a determinate figure, traendo grande vantaggio competitivo.

È chiaramente uno sforzo che ha bisogno di molto impegno, ma se si ambisce a essere il migliore nella propria categoria, non si può non pensare a un bilancio che parli della comunicazione non finanziaria.

A volte, poi, ci sono delle storie bellissime che racchiudono tutto il senso di un lavoro. Come il racconto portato dal professor Lenoci che vede al centro le api e la loro presenza come indice di qualità di un prodotto o di un ambiente. Infatti, sono parte integrante del controllo sulla vigna – la stessa pratica può essere osservata in un oliveto – e questo aspetto porta a un grande vantaggio competitivo e a una grande narrazione del proprio operato.

Tornando al settore oleario, prima si faceva riferimento al rispetto dei ruoli della filiera. Una filiera molto difficile e frammentata, e come spiega Chiara Coricelli «l’obiettivo è proprio quello di riuscire ad arrivare, attraverso una serie di accordi, alla valorizzazione della filiera, lasciando che ogni realtà, anche la più piccola, possa unirsi in associazione e partecipare a un accordo collettivo che riconosce una giusta premialità, e quindi anche una giusta retribuzione economica per quell’olio che loro hanno prodotto».

C’è da osservare un aspetto molto importante, ovvero che molte aziende non si muovono in modo effettivo verso tale direzione, ma ne approfittano perché può rivelarsi una occasione di marketing, senza che vi sia reale sostanza nelle scelte prese.

«Ciò che ho visto dagli studi preventivi proprio della società di consulenza che ci ha accompagnato verso il percorso del report integrato – racconta la presidente della Pietro Coricelli – è che molte aziende hanno approcciato a questa tematica in termini di opportunità, di visibilità, lasciando così l’interpretazione del termine “sostenibilità” a uno stadio estremamente superficiale, non continuativo, non rendicontato, non progettuale. Venendo a mancare questi pilastri, così come la misurabilità dei lavori, non è possibile valutare i miglioramenti e i progressi. Credo che sia un problema dovuto al dato anagrafico delle aziende olearie, oltre a una serie di fattori, che non le rende così sensibili a questo discorso, e così c’è davvero poco orientamento al futuro perché probabilmente il futuro non è da qui a quarant’anni ma si ferma molto prima: anche il tema del ricambio generazionale è determinante per poter sapere interpretare nella maniera adeguata il concetto di sostenibilità e trasformarlo in azioni concrete all’interno delle imprese».

Il consumatore davanti allo scaffale ed è chiamato a scegliere in base anche alla notorietà del marchio e tanti altri fattori. Come è possibile trasmettere questo impegno attraverso la bottiglia, riportando la tracciabilità documentata?

«Pietro Coricelli ha cercato di dare uno strumento contemporaneo al consumatore per leggere il prodotto in maniera trasparente. Attraverso un QRcode generato dalla blockchain dell’IBM andiamo a raccontare la storia e il percorso di qualità che quest’olio ha fatto, l’origine di cui spesso si parla. Per ciò che concerne la tracciabilità, è un dato di legge, è scritto in etichetta, è chiaro e deve presente sull’intera bottiglia. Il valore aggiunto di trasparenza e di cultura sul prodotto sono gli elementi che abbiamo inserito attraverso la blockchain dell’IBM in retro-etichetta: per ogni singola bottiglia che esce vengono riportate le verifiche qualitative chimico-fisiche organolettiche interne ed esterne che quell’olio ha superato per poter essere conforme all’imbottigliamento. Questa è stato un primo passo anche per avvicinare il consumatore a quelli che possono essere effettivamente i parametri determinanti nella scelta e lo facciamo avvicinare prima del momento dell’acquisto perché farlo scoprire dopo l’acquisto potrebbe essere un po’ fuorviante. Poterlo vedere prima del momento dell’acquisto, direttamente dallo scaffale, è un passaggio in più per poter valutare effettivamente cosa il consumatore oggi può richiedere alla catena di fornitura e che dovrebbe essere anche uno stimolo per le atre aziende a dire “raccontiamo di più”. Abbiamo norme molto antiche anche sull’etichettature in Italia, lontane da quello che può essere il concetto oggi di acquisto sull’olio; cerchiamo di usare gli strumenti che ci sono concessi, sempre nel rispetto delle leggi, per poter fornire un po’ più di cultura di prodotto. Fornendo cultura di prodotto usciremo automaticamente da una dinamica schiacciante che ha svito la nostra categoria merceologica e potremo guidare il consumatore a scegliere prodotti di maggior valore, scegliere prodotti frutto di certificazione diverse, aumentando quello che è il percepito di un prodotto che ha un valore enorme, ma spesso viene schiacciato da dinamiche commerciali», ha affermato Chiara Coricelli.

L’Italia, nel contesto della sostenibilità, ha un vantaggio competitivo che andrebbe sfruttato maggiormente.

«Nel corso degli incontri accademici – spiega il professor Lenoci – qualche mio collega cita professori e volumi americani, ma la sostenibilità è stata concepita circa ottocento anni fa da San Francesco.: l’enciclica Laudato si’ è il miglior testo sulla sostenibilità che sia mai stato pubblicato. Il vescovo don Tonino Bello, di origini salentine, per far arrivare concetti di tale portata affermava che la terra non ci è stata data in eredità dai nostri padri, ma l’abbiamo ricevuta in prestito dai nostri figli. Quando qualcosa viene ereditato statisticamente non la si apprezza totalmente, mentre se si deve restituirla cambia il modo di trattarla. Ciò di cui si ha bisogno è quindi un approccio di valorizzazione dal punto di vista scientifico e sotto quello narrativo».

C’è ancora molto lavoro da fare, questo è sicuro. Ma i dati a oggi registrati dimostrano che la strada intrapresa da diverse realtà è quella giusta da continuare a percorrere, sia per le singole aziende, sia per il comparto oleario nel suo totale.

Tutto ciò è emerso proprio grazie all’iniziativa di Olio Officina, attraverso l’evento annuale Olio Officina Anteprima, realizzato nel novembre 2022 al Simei, all’interno del proprio spazio denominato L’oleoteca di Olio Officina.

Per i visitatori è stato inoltre possibile ammirare le tante bottiglie, confezioni e bag in box esposte delle aziende partecipanti al contest che Olio Officina organizza da oltre dieci anni, Le Forme dell’Olio, ma anche prendere parte al ciclo di incontri Dialoghi sulla sostenibilità, dove gli ospiti invitati a dialogare con il direttore della casa editrice, Luigi Caricato, hanno parlato dei nuovi approcci delle aziende olearie per la tutela dell’ambiente attraverso nuove pratiche agricole.

In apertura, uliveto Pietro Coricelli Spa 

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